Contratto Presidenza del Consiglio: a che punto siamo?

16 Marzo 2021

Dopo una lunga ed estenuante stagione di blocchi contrattuali nel pubblico impiego, cominciata nel 2009 e durata un decennio, passo dopo passo, trattativa dopo trattativa, questa cattiva tendenza è stata interrotta. Uno dopo l’altro, i contratti (2016-2018) dei dipendenti pubblici sono stati rinnovati. Tutti tranne uno: quello della Presidenza del Consiglio dei ministri. Un contratto che riguarda circa duemila lavoratrici e lavoratori di ruolo, e altrettanti in comando, che ormai da 12 anni attendono il proprio contratto.

Lo stato della trattativa

Quindici mesi. È il tempo trascorso dalla Fp Cgil al tavolo con gli altri sindacati per tentare di costruire un nuovo contratto per i lavoratori della Presidenza del Consiglio. Quindici mesi di lavoro che si sono risolti in un nulla di fatto.

Questo perché, se da una parte c’è la nostra disponibilità a siglare una pre-intesa che tolga finalmente i lavoratori da uno stallo che dura dal 2009, dall’altra al contrario sindacati come Snaprecom, Sipre e Ugl (maggiormente rappresentativi) confermano la loro indisponibilità.

Tutto questo sfruttando il fatto che i sindacati d’accordo con la firma (Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Pa, Flp e Usb), disponibili alla sottoscrizione, pur rappresentando più del 50%, non raggiungono il 51% imposto dalla legge.

Il risultato è un unico storico: l’impossibilità di definire un contratto per i dipendenti della Presidenza del Consiglio.

Perché Snaprecom, Sipre e Ugl si rifiutano di firmare il contratto

Snaprecom (il sindacato più rappresentativo dei lavoratori della PCM) lo ha detto con chiarezza: il motivo per cui non è disponibile a firmare il contratto è perché teme che con il rinnovo, dovendo conseguentemente rinnovare anche il contratto integrativo, si potrebbero perdere gli effetti di quest’ultimo. In particolare a preoccupare è una possibile revisione degli articoli 15 e 18. Questi articoli riguardano l’”utilizzo flessibile della professionalità” e l’”indennità di specificità organizzativa”.

Bisogna difendere i diritti fondamentali dei lavoratori

Ma se non si rinnova il contratto e si continuano a tenere le relazioni con questi sindacati come se nulla fosse, è segno che, tutto sommato, rinnovare il contratto non è un’esigenza. Vorremmo ci fosse spiegato perché non si può rinnovare il contratto e restituire alla contrattazione integrativa la decisione di come e a quali condizioni rinnovare il contratto integrativo, compresa l’efficacia o meno di quegli articoli 15 e 18. Evidentemente quegli articoli, per come sono scritti, oggi non sono proponibili. E siccome è sempre spiacevole dover dire le verità che fanno male ai lavoratori, si preferisce scaricare la responsabilità su altri e parlare d’altro. Non si dovrebbe temere di aggiornare le norme di un contratto, anche integrativo, alla luce delle leggi introdotte nel frattempo. Altrimenti il rischio è che i lavoratori vadano ancora più indietro e perdano anche i diritti fondamentali.

Conclusioni

È singolare e paradossale che il diritto dei lavoratori ad avere un contratto di lavoro gli venga negato da chi pretende di rappresentarli. E alla immediata vigilia di una fase cruciale per il Paese così come quella rappresentata dal Pnrr. Serve una svolta ora, serve il rinnovo del contratto.

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