I dati che descrivono lo stato di salute della Pubblica amministrazione dimostrano, ancor di più in questa lunga fase di emergenza pandemica, la necessità non più rinviabile di un piano straordinario di nuova occupazione nei servizi pubblici, che garantisca i diritti dei cittadini e dei lavoratori. Da tempo sosteniamo, attraverso la nostra campagna ‘Assunzioni Subito’, che l’emorragia di dipendenti pubblici nel nostro paese è tale da far cadere progressivamente a pezzi l’intero sistema pubblico. Una tendenza che si aggrava ogni anno e che va invertita assicurando l’inserimento stabile nelle pubbliche amministrazioni di almeno 500 mila persone nei prossimi tre anni, per poter garantire un’adeguata offerta di servizi ai cittadini.
La Pubblica amministrazione, infatti, come dimostrano i dati del Conto annuale dello Stato, così come rielaborati da FPA, potrebbe già nel corso di questo anno avere più pensionati che dipendenti, per effetto del continuo calo del personale e un equilibrio fra ingressi e uscite che, nonostante lo sblocco del turnover, non è ancora stato raggiunto. A fronte di 3,2 milioni di impiegati pubblici italiani (in termini assoluti il 59% di quelli francesi, il 65% di quelli inglese, il 70% di quelli tedeschi) i pensionati pubblici sono già 3 milioni.
Un numero in crescita costante e destinato a salire perché i “pensionabili” oggi sono molti. Da una nostra elaborazione sui dati dell’ultimo Conto annuale disponibile (2018), escluso il comparto Istruzione e Ricerca, le lavoratrici e i lavoratori nella fascia d’età dai 55 agli oltre 68 anni sono più di 600 mila (al netto delle assunzioni Covid e delle stabilizzazioni non contemplate nel Conto annuale 2018). Di questi poco più di 395 mila maturano i requisiti per la pensione nei prossimi due anni, determinando quindi – insieme alla restante parte probabilmente già in congedo – una voragine occupazionale.
Il risultato di questa traiettoria non viene scalfita dalle 112 mila nuove assunzioni registrate dal 2018 a oggi e alla stabilizzazione di 1.700 stabilizzazioni nel solo 2018. C’è sì lo sblocco del turnover, ma le procedure sono lente e la media dei tempi tra emersione del bisogno e effettiva assunzione dei vincitori dei concorsi è di oltre 4 anni. E così, con in più il blocco imposto dal Covid-19, da settembre del 2019 ad oggi sono state messe a concorso meno di 22 mila posizioni lavorative: di questo passo ci vorrebbero oltre dieci anni a recuperare i posti persi.
Per riflettere sull’esigenza di invertire il trend che vede una Pa sempre più anziana – in cui l’età media del personale è di 50,7 anni, con il 16,9% di dipendenti over 60 e appena il 2,9% under 30 – con la Rivista giuridica del Lavoro e della Previdenza sociale abbiamo promosso per venerdì 5 marzo un convegno online (sulle pagine Facebook della Fp Cgil e di Collettiva) dietro le parole ‘Rinnovamento delle Pa e nuovo reclutamento’ per discutere, con il contributo di autorevoli esperti, di nuove assunzioni e diverse procedure, ma anche di rilancio della formazione. I dati, su questo punto, dimostrano che gli investimenti in formazione, necessari per aggiornare competenze e conoscenze, si sono quasi dimezzati in dieci anni, passando dai 262 milioni di euro del 2008 ai 154 milioni del 2018: 48 euro per dipendente, che consentono di offrire in media un solo giorno di formazione l’anno a persona.
Da tempo lo denunciamo, ma ora siamo alle soglie di un punto di non ritorno. Senza un piano straordinario di nuove assunzioni stabili, senza porre un freno al precariato cresciuto anche nel corso di questo anno per effetto della pandemia, il perimetro di intervento dei servizi pubblici continuerà ad arretrare, ci saranno meno servizi per i cittadini e il sistema finirà al collasso, a vantaggio delle privatizzazione dell’aumento delle disuguaglianze. Da qui la nostra rivendicazione, per tutte e tutti: un piano straordinario di nuova occupazione nei servizi pubblici che garantisca i diritti dei cittadini e dei lavoratori.