Dott.ssa Barbara Fabbrini
Capo Dipartimento dell’organizzazione Giudiziaria
Dott. Alessandro Leopizzi
Direttore Generale del personale e della formazione
Dott. Bernardo Petralia
Capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria
Dott. Massimo Parisi
Direttore Generale del personale e delle risorse
Dott.ssa Gemma Tuccillo
Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità
Dott. Lucia Castellano
Direttore Generale Reggente del personale, delle risorse
e per l’attuazione dei provvedimenti del giudice minorile
p.c. Dott. Raffaele Piccirillo
Capo di Gabinetto
L’aggravarsi della Pandemia da Covid-19 impone alle scriventi Organizzazioni Confederali di aprire una seria riflessione sulla sicurezza dei lavoratori della Giustizia i quali, come è noto, sono chiamati ad assicurare un servizio essenziale per lo Stato nonostante una crisi sanitaria senza precedenti, in atto su tutto il territorio nazionale con picchi in alcune regioni individuate come “rosse” ossia ad alto rischio di contagio (Piemonte, Lombardia, Val D’Aosta e Calabria).
Il peggioramento della situazione, come è noto, ha indotto il Governo ad emanare nuove e più pregnanti norme tra le quali spicca il DPCM 3 novembre 2020 il quale, tra l’altro, afferma:
all’art.3 n.4 lett i) che nelle regioni individuate con ordinanza del Ministro della Salute come ad alto rischi di contagio i datori di lavoro pubblici devono collocare in Smart Working tutti i lavoratori ad eccezione di coloro che devono assicurare le attività indifferibili non delocalizzabili (“i datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell’emergenza; il personale non in presenza presta la propria attività lavorativa in modalità agile”);
all’art. 5 n.3 che “le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, assicurano le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro della pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all’articolo 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77”;
all’art. 5 n.4 che “nelle pubbliche amministrazioni, tenuto conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, ciascun dirigente:
organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile, e comunque in misura non inferiore a quella prevista dalla legge, del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità, compatibilmente con le potenzialità organizzative e l’effettività del servizio erogato;
adotta nei confronti dei dipendenti di cui all’articolo 21-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, nonché di norma nei confronti dei lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti, e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale”.
FP CGIL CISL FP e UIL PA hanno molto apprezzato il modus agendi del Direttore Generale del personale dell’organizzazione giudiziaria il quale, su input del Capo Dipartimento, ha invitato i dirigenti degli uffici di via Arenula a collocare in Smart Working il maggior numero dei dipendenti, anche assegnando nuovi programmi a chi non fosse già stato a suo tempo destinatario di un progetto, avendo cura di ridurre al minimo la presenza in ufficio (“… il rapporto tra giornate di lavoro in presenza e giornate di lavoro da remoto non potrà essere ordinariamente inferiore a due giorni presso l’Ufficio e tre a distanza, ferma restando la più stretta osservanza di tutte le ben note prescrizioni socio-sanitarie presso la sede di servizio”) e privilegiando ope legis i lavoratori fragili mediante l’assegnazione al lavoro agile full time “anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale, anche mediante la nostra piattaforma di e-learning”.
Purtroppo la situazione sul territorio nazionale è ben diversa. Negli uffici giudiziari l’applicazione dello smart working procede a rilento e tra mille difficoltà. Nella migliore delle ipotesi solo in taluni uffici c’è stata la concessione di un solo giorno di smart working. Negli altri ancora nulla.
Anche nelle regioni ad alto rischio di contagio i capi degli uffici sembrano ignorare la gravità della situazione, la cogenza della normativa anti-Covid e la circostanza che essi sono datori di lavoro pubblici e che, per tale motivo, in caso di ingiustificata disapplicazione nella vigente normativa emergenziale, anche di natura contrattuale, saranno chiamati a rispondere personalmente di ogni contagio avvenuto in ufficio. Paradigmatica in negativo è la situazione dei lavoratori UNEP immotivatamente esclusi dal lavoro agile per lucida scelta dell’amministrazione centrale e, per tale motivo, obbligati ad operare sul territorio come se la pandemia non fosse in atto: non sono pochi gli ufficiali giudiziari che hanno già contratto l’infezione da Covid-19 nell’esercizio delle loro mansioni.
Non diversa purtroppo è la situazione nell’amministrazione penitenziaria, in quella della giustizia minorile e di comunità. In molti casi l’applicazione dello Smart Working, soprattutto nell’amministrazione penitenziaria, nella migliore delle ipotesi è stata solo di facciata: i lavoratori hanno operato da remoto di regola per un solo giorno a settimana mentre negli altri giorni c’è stato ordinario lavoro on site. Non sono rari i casi in cui lo Smart Working non è stato riconosciuto a nessuno, lavoratori fragili e pendolari compresi.
La realtà purtroppo è che codeste Amministrazioni Centrali, nella colpevole inerzia del Ministro in carica che parla con tutti tranne che con i propri dipendenti ed i loro rappresentanti e che sembra interessato più ad assecondare le istanze di categorie libero professionali che a coniugare la efficienza del servizio da rendere all’utenza con la tutela della salute di tutti gli operatori del diritto, si limitano ad impartire disposizioni che recepiscono la normativa emergenziale vigente e gli accordi sottoscritti con le organizzazioni sindacali ma omettono di esercitare ogni controllo sull’operato degli uffici anche nel caso di conclamate violazioni che mettono a rischio la salute ed in molti casi la vita stessa dei lavoratori specie nelle regioni ad alto rischio di contagio.
FP CGIL CISL FP e UIL PA ritengono che le Amministrazione Centrali della Giustizia debbano assumersi responsabilità che vadano oltre la mera produzione di circolari e per tale motivo chiedono che sia aperto un tavolo permanente di confronto sull’applicazione negli uffici della normativa di contrasto alla pandemia, compresa quella negoziale sullo Smart Working, previa puntuale trasmissione alle organizzazioni sindacali dei dati completi sulla diffusione del contagio all’interno delle strutture centrali e periferiche della Giustizia, sul modello di quanto già avviene nell’amministrazione penitenziaria. Quest’ultima, infatti, trasmette un report giornaliero alle parti sociali recante il numero dei contagiati distinto per PRAP e strutture.
La richiesta di cui in premessa si pone in coerenza con quanto convenuto nel “Protocollo quadro per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici sui luoghi di lavoro in ordine all’emergenza sanitaria da Covid-19”, sottoscritto dalle confederazioni e dalle federazioni di categoria FP CGIL CISL FP e UIL PA con il Ministro della Funzione Pubblica lo scorso 24 luglio e recepito nella Giustizia il successivo 4 agosto. Nello stesso infatti si legge, tra l’altro, che le amministrazioni si impegnano “nella promozione di canali di comunicazione e confronto continuativi con le OO.SS. e le rappresentanze sindacali, al fine di condividere informazioni e azioni relative a quanto previsto dal presente protocollo” e che “le parti, al fine di assicurare l’adeguamento dell’organizzazione dei servizi e del lavoro al rispetto delle norme emanate nel corso dello stato di emergenza sanitaria da Covid-19, dei protocolli e accordi eventualmente sottoscritti nelle singole amministrazioni, nonché di promuovere il confronto sugli aspetti del presente protocollo, anche con riferimento alle ulteriori esigenze che potranno emergere dalle specificità delle attività e del lavoro svolto nelle diverse realtà, monitorano periodicamente l’applicazione dello stesso per realizzare piena efficacia ed effettività delle misure ivi richiamate…”.
La diffusione del contagio anche nella Giustizia rende la situazione oggettivamente grave ed impone a tutti di remare con responsabilità verso la stessa direzione. Il sindacato confederale c’è e, consapevole delle difficoltà che derivano anche dalle specificità dei servizi da assicurare all’utenza, è pronto a fare la sua parte.
Distinti saluti
Roma, 9 novembre 2020
FP CGIL CISL FP UIL PA
Meloni / Prestini Marra Amoroso