Sono passati 60 anni da quando Rosanna Oliva, il 13 maggio 1960, esclusa dalla partecipazione ad un concorso pubblico perché donna, vinse il suo ricorso in Corte di Appello aprendo così l’accesso per le donne alle carriere della pubblica amministrazione riservate agli uomini: da quella prefettizia alla magistratura. Lei racconta che non fu un gesto compiuto per ambizione personale, quanto piuttosto un’azione tesa a rendere giustizia e difendere l’uguaglianza sancita dalla Costituzione.
Tanti anni dopo quella sentenza ci accorgiamo che la pubblica amministrazione è andata avanti, molti sono stati i progressi nell’accesso delle donne all’impiego pubblico: scuola, sanità, funzioni centrali, funzioni locali, donne tra i Vigili del Fuoco e nella Polizia Penitenziaria. La stagione delle barriere di accesso è finita ma le barriere formali sono ancora tutte lì e le carriere sono ancora difficili. I ruoli istituzionali più che mai restano appannaggio degli uomini, abbiamo dovuto aspettare dicembre 2019 per avere la prima donna, la Giudice Costituzionale Marta Cartabia, Presidente della Corte di Costituzionale. Ma ancora oggi il Consiglio Direttivo della Corte Suprema di Cassazione ad esempio (composto di 14 membri), vede la presenza di sole 3 donne, così come nel Consiglio Superiore della Magistratura (27 membri) ci sono solamente 5 donne. Cambiando ambito ci si accorge che la situazione rimane la stessa. Nel mondo dello sport, ad esempio, è ancora in vigore la legge n. 91 del 1981 che impedisce alle donne sportive di diventare professioniste. Servirebbe una legge di modifica, ma si dovrà ancora una volta ricorrere alla Corte costituzionale?
E quindi persiste anche nel settore pubblico la disparità salariale, che riguarda non lo stipendio contrattuale, ma deriva appunto da carriere più lente e minori incarichi, missioni e straordinari. E così la disparità salariale si tramuta nel tempo in disparità previdenziale, con le donne che anche da anziane subiscono gli effetti delle disparità cui sono sottoposte per tutta la vita lavorativa.
Dobbiamo continuare a lavorare per abbattere le barriere culturali che faticano a cadere, non arrenderci e credere, come fece Rosanna, che possiamo farcela, e ce la faremo.