LA GESTIONE DELLA FASE 2: LE NOSTRE PROPOSTE
Diverse sono le questioni che si dovranno affrontare nella gestione della “Fase 2” e noi siamo pronti a dare il nostro contributo, nell’interesse dei lavoratori dell’Istituto ma anche nell’interesse del Paese, per far avere quei servizi che in queste settimane i dipendenti non hanno mai fatto mancare, con responsabilità e abnegazione. Su questo noi crediamo che, come hanno fatto grandi imprese private, anche in una grande realtà pubblica come l’INPS si possa arrivare alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa nazionale che disciplini in modo organico e dettagliato tutti gli aspetti più salienti di quella che dovrà essere la futura attività degli Uffici: del resto lo stesso CCNL Funzioni centrali 2016/2018 affida, articolo 7 , comma 6, lett. k), alla contrattazione integrativa nazionale la materia rappresentata dalle“ misure concernenti la salute e sicurezza sul lavoro”. Anzitutto, crediamo che la bussola che dovrà orientare l’intera gestione sia rappresentata dalla tutela della salute dei dipendenti. Per questo, oltre a ribadire la richiesta di aggiornamento del DVR per ciascuna sede, ci appare di fondamentale importanza sapere se siano stati già acquistati i DPI e gli altri presidi a tutela dei lavoratori (come il gel disinfettante) che d’ora in poi non potranno mai mancare in nessun ufficio. La sicurezza dei lavoratori dell’Istituto, peraltro, non dipende soltanto dalle misure adottate dall’Inps, ma anche dalle aziende che vi lavorano. Pertanto, è essenziale verificare che anche ai lavoratori di altre aziende – presenti nelle sedi dell’Istituto siano garantite idonee misure di sicurezza. Pensiamo, ad esempio, alle ditte di pulizia, delle mense aziendali, di manutenzione, al personale addetto alla vigilanza, al personale che si occupa dei servizi informatici, etc. Va quindi aggiornato non solo il DVR di ciascuna sede, ma anche il DUVRI, ossia il Documento di Valutazione dei Rischi Interferenziali – quei rischi che si corrono proprio nel momento in cui ci si relaziona con lavoratori di altre aziende.
Tutto questo, peraltro, non per burocratizzare la sicurezza, ma per trasformare quegli adempimenti in concrete misure a favore della salute dei dipendenti. Così, ad esempio, sarà necessario non solo aumentare la frequenza delle pulizie degli uffici, ma anche prevedere frequenti attività di sanificazione, di norma al termine di ogni turno lavorativo, magari con cadenze stabilite a seconda degli ambienti (se si tratta di ambienti o strumenti di uso comune, se di uso esclusivo del personale o anche di terzi come utenza o lavoratori di altre aziende). Considerato che il lavoro da remoto finora svolto ha dato buona prova di sé nonostante i problemi di connessione spesso riscontrati – crediamo possa continuare ad essere la modalità ordinaria di lavoro e che anche in futuro la percentuale di personale da lasciare in lavoro da remoto debba restare molto alta. A nostro avviso, essendo cambiato il contesto che giustifica il ricorso a questo tipo di attività, si rende necessario sottoscrivere un accordo sulla sua gestione, ad esempio per prevedere il diritto al buono pasto, disciplinare il diritto alla disconnessione dei lavoratori, garantire il lavoro da remoto a chi ha figli minori, disabili, persone malate più facilmente esposte al rischio contagio, etc. Non ci sembra irrilevante, poi, che moltissimi dipendenti stiano usando strumentazione propria, sostenendo da diverse settimane costi di cui l’Amministrazione si è, in questa fase, giovata. Questo implica anche che bisogna accelerare sull’arrivo e sulla distribuzione dei 5.000 PC e prevedere subito un nuovo ordine di ulteriori dotazioni informatiche. Il tema del lavoro agile si aggancia direttamente alla presenza di lavoratori nelle sedi e alla possibilità di aperture al pubblico. In entrambi i casi, ribadiamo che la conditio sine qua non dev’essere la salute dei dipendenti. Questo può voler significare, quindi, che alcuni dipendenti possano far rientro nelle sedi, su base volontaria, ma con la garanzia del distanziamento con altri colleghi – il che implica non poter riempire le stanze e fissare un tetto massimo di dipendenti presenti. La gestione degli orari di lavoro in sede dovrà essere necessariamente più flessibile, perché bisogna considerare che anche il raggiungimento del posto di lavoro andrà modulato in base al contesto (ad es., i mezzi di trasporto pubblico non potranno a loro volta essere pieni come fino a poche settimane fa, per cui si allungheranno di certo i tempi di percorrenza). Anche il tema delle future aperture al pubblico va gestito, a nostro parere, coniugando il diritto alla salute dei dipendenti dell’Istituto con quello dei cittadini a ricevere informazioni in sicurezza, eliminando il rischio che gli sportelli siano luoghi di aggregazione di persone. Pertanto, le aperture potranno essere attuate solo se l’Amministrazione sarà in grado di assicurare le condizioni di salute del personale, prima di tutto garantendo la presenza e la fruizione di tutti i presidi sanitari previsti dalle recenti disposizioni normative.
In queste settimane il servizio di informazione non si è mai interrotto: i lavoratori dell’INPS hanno sempre garantito il rapporto con l’utenza attraverso i canali telematici e telefonici. Noi riteniamo che, almeno in un primo momento, si debba continuare su questa strada, se necessario aumentando il numero di colleghi da coinvolgere, valutando anche la possibilità di utilizzare la tecnologia per dare appuntamenti “virtuali”. Come si vede, le questioni da discutere sono tante e complesse e richiedono un confronto, a cui chiediamo all’Amministrazione di non sottrarsi, a livello nazionale come a livello territoriale, coinvolgendo per tutte le sedi gli RLS che rappresentano e tutelano i diritti dei lavoratori nell’ambito della sicurezza sul lavoro.
FP CGIL
Matteo Ariano Antonella Trevisani
CISL FP
Paolo Scilinguo
UIL PA
Sergio Cervo
CONFINTESA/ FP
Francesco Viola
CONFSAL-UNSA
Piergiuseppe Ciaraldi