“Malgrado il rilevante impegno economico garantito dal Ministro dello Sport Spadafora e dal Presidente ed Amministratore delegato dello Società Sport e Salute Cozzoli a sostegno delle attività delle Federazioni sportive italiane, la Federazione italiana nuoto (Fin) ha deciso comunque di mettere in cassa integrazione 85 lavoratori per risparmiare poche centinaia di migliaia di euro”. A denunciarlo sono Fp Cgil, Cisl Fp, Uilpa e Cisal Fialp, spiegando che: “Si è concluso ieri in tarda serata il previsto esame congiunto in video conferenza tra il presidente della Fin Barelli e le rappresentanze sindacali nazionali del personale dipendente. Un incontro che ha confermato la volontà della Fin di ricorrere comunque, pure in una condizione di assoluta e drammatica emergenza sociale, e nonostante le valide ragioni opposte dalle organizzazioni sindacali nel corso della discussione, anche dal punto di vista strettamente finanziario, alla cassa integrazione di tutti i propri dipendenti”.
La Fin, ricordano i sindacati, “è un’associazione senza fini di lucro e con personalità giuridica di diritto privato, che pur non operando in un mercato concorrenziale continua ad essere destinataria dei contributi pubblici erogati dal Mef per il tramite della società Sport e salute (ieri Coni Servizi), compresi quelli ricevuti proprio per sostenere il costo del personale dipendente, l’incidenza dei quali, stando al bilancio consultivo anno 2018 della predetta federazione, risultava pari al 103,8% della spesa complessivamente sostenuta, quindi posta interamente a carico delle finanze pubbliche. Ciò, evidentemente, solleva seri dubbi, come abbiamo provato a spiegare anche nel corso della riunione, sulla liceità del ricorso a simili forme di integrazione salariale, perché quella ulteriore sovvenzione andrebbe a sovrapporsi a quella già attribuita dal Presidente e Amministratore delegato di Sport e salute con la lettera del 21 aprile scorso, con la quale si comunicava l’avvio delle procedure per il conferimento anticipato della seconda tranche del contributo annuo a tutte le Federazioni sportive erogato dal Mef”.
Tuttavia, proseguono, “proprio per non correre il rischio di arrivare a questo punto, lo scorso 6 marzo abbiamo sottoscritto con Sport e Salute S.p.A. e Federazioni Sportive Nazionali un accordo, peraltro rinnovato lo scorso 21 aprile in previsione della cosiddetta ‘Fase 2’, finalizzato a definire modalità e istituti (tra cui il lavoro agile, invero utilizzato solo per il 40% dei dipendenti da parte della Fin) atti a fronteggiare l’emergenza epidemiologica Covid-19, le cui previsioni continuano ad essere pienamente efficaci e vincolanti. Conseguentemente, riteniamo sia da escludersi, anche sotto tale profilo, la legittimità in ordine al ricorso da parte della Federazione italiana nuoto al Fondo di integrazione salariale”. In ragione di quanto sopra, Fp Cgil, Cisl FP, Uilpa e Cisal Fialp “si riservano di valutare la legittimità della decisione assunta in tutte le sedi deputate e, contestualmente, di avviare tutte le iniziative di lotta ritenute necessarie a contrastare la scelta assunta dalla Fin per tutelare i diritti e gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti”, concludono.