Ancora una volta: chi governa pensa che la risoluzione di tutti i mali passi per la riorganizzazione degli uffici.
Si è tenuta, nel pomeriggio di mercoledì scorso, la riunione per la prima discussione circa l’ennesima
proposta di riorganizzazione del Mit.
Questa ci è stata presentata, prima dal Ministro e poi dal Capo di Gabinetto, come necessaria al fine di rilanciare le funzioni essenziali del Ministero e per restituire centralità e maggiore efficienza a tutte le strutture, anche al fine di provare ad intercettare le nuove sfide a cui, come Amministrazione, siamo chiamati a rispondere.
Come FP CGIL abbiamo sottolineato come:
a) alla bozza di Decreto allegata, manca del tutto la parte relativa agli organici del personale. Questo, ovviamente, non può che farci allarmare posta la gravissima situazione di sottorganico in cui versa il Mit che, non a caso, è alla base della proclamazione dello stato di agitazione del personale da parte di CGIL, CISL e UIL. E’ del tutto evidente, quando si parla di processi di riorganizzazione, che non si possa prescindere dalla valorizzazione e dalla messa a fattore del personale che si ha a disposizione: pertanto, qualsiasi proposta dovrebbe vedere l’impegno dell’Amministrazione circa un piano straordinario di assunzioni, ben oltre il semplice turn over, che possa davvero consentire al Mit di essere messo nelle condizioni di esercitare le proprie funzioni: per questo siamo stati in piazza sabato 8 giugno e per questo continueremo, con ogni mezzo, non escludendo lo sciopero generale, fino a quando non avremo risposte definitive nel merito delle rivendicazioni avanzate. Insomma, in presenza di uffici, in particolare quelli periferici (e ci riferiamo alle Motorizzazioni, ai Provveditorati e alle Capitanerie di Porto) in cui la presenza del personale è ben al di sotto di quanto previsto dalle piante organiche, troviamo poco opportuno, parlare di riorganizzazione complessiva del Mit;
b) entrando nel merito della proposta, quel che balza immediatamente agli occhi è che si passa da due a tre capi dipartimento ma, nel contempo, diminuisce il numero dei Dirigenti Generali (quelli che gestiscono la macchina amministrativa) che passano da 39 a 38: ovviamente, con la nascita del terzo dipartimento, nasce anche un nuovo ufficio di coordinamento che avrà sicuramente bisogno di personale che, per forza di cose, sarà spostato da altri uffici operativi;
c) ad un primo esame, risulta evidente, balza agli occhi per così dire, che ci sono Direzioni con un grande carico di lavoro e altre che si vedono assegnate carichi di lavoro molto meno impegnativi;
d) posto che non abbiamo numeri a disposizione (tranne quelli dei Dirigenti Generali e dei Capi Dipartimento), il giudizio non può che rimanere sospeso per tutto quello che attiene la riorganizzazione,
in particolare in sede periferica. Abbiamo ribadito come sia soprattutto nelle sedi periferiche che si gioca la partita della fruizione dei diritti da parte dei cittadini e della erogazione degli stessi da parte dell’Amministrazione: a tal proposito, richiamandoci alla dimensione attuale, ci sembra non rispondente ai criteri di democrazia del sistema – ma anche se volessimo attenerci a parametri più economicistici, di efficacia e di efficienza – una Amministrazione con competenze spesso regionali quand’anche non addirittura, sovraregionali. Diviene, pertanto essenziale, ricondurre a dimensioni più accettabili gli ambiti di competenza degli uffici.
e) si è posta la questione delle Capitanerie di Porto, poiché, mentre nell’organigramma li si individua come uffici periferici, nulla rileva ad una lettura attenta della bozza di decreto. Per quanto ci riguarda, è ora che questa anomalia venga sanata e si restituisca dignità, anche dal punto di vista della stesura formale dell’eventuale decreto di riorganizzazione ad un personale che rischia di sentirsi estraneo alla propria amministrazione;
f) infine, si è rilevato come la Direzione per l’intervento statale e abitativo e gli interventi speciali assommerebbe le responsabilità di due settori molto diversi: quello delle opere pubbliche di competenza statale (edifici scolastici, edilizia per Forze Armate, edilizia per la costruzione di case circondariali o di reclusione e via dicendo) e quello dell’edilizia abitativa con i relativi interventi speciali che mirano, da una parte, alla riduzione del disagio abitativo e a consentire l’accesso alle abitazioni in locazione, dall’altra a ridurre l’abusivismo edilizio e ad individuare programmi speciali di edilizia speciale e ad elaborare indirizzi per l’edilizia abitativa. Di fronte al grandissimo problema dell’emergenza abitativa nel nostro Paese, pensiamo sia utile riaffermare l’importanza strategica di una direzione del Mit che si occupi, nello specifico, del diritto alla casa.
la coordinatrice Fp Cgil Mit p.la Fp Cgil nazionale
Carmen Sabbatella Paolo Camardella