21 MARZO…UN NUOVO INIZIO
Sono Laura Paradiso, mi presento perché nuova del Comitato Direttivo Nazionale, Assistente
sociale RSU da 12 anni, del Comune di Roma nel quale lavoro da 19 anni. Ringrazio per
l’opportunità di poter fare con voi una riflessione su quanto sta accadendo negli EELL in seguito alle
nuove misure di contrasto alla povertà. In questi ultimi anni, noi che lavoriamo nei servizi sociali, ci
sentiamo trascinati dalla misura del momento, che si chiami carta acquisti sia rei o rdc, come se
prima di queste misure non avessimo un’identità e un ruolo ben preciso nei servizi pubblici. Ed è
proprio di questo che voglio parlare oggi.. facciamo memoria insieme.. Sono 40 anni che i Servizi
sociali nei comuni, adattandosi ai tempi, offrono servizi alla cittadinanza, come il lavoro anche
l’assistenza sociale è un diritto costituzionale (artt.3 e 38 Cost.). Da questo la necessità a novembre
di proporre un odg all’XI Congresso della FP, sul servizio sociale come fondamento costituzionale.
Il Congresso ha acquisito l’odg in tutte le sue parti, per rilanciare ed aprire una discussione e un
confronto sulla deriva che oggi rischiano i servizi sociali tutti, quelli delle Funzioni Locali come
quelli dei Servizi sociosanitari, quelli della Giustizia e della cooperazione sociale.
Allora di cosa stiamo veramente parlando???
Stiamo parlando di misure di contrasto alla povertà che pur avendo ottenuto consistenti
finanziamenti statali non hanno intaccato di un punto la percentuale della povertà assoluta nel
nostro Paese… E’ nostro dovere chiederci perché. La motivazione purtroppo è nella storia delle
politiche di welfare italiano che utilizza spesso queste misure come cavallo di battaglia durante le
campagne elettorali ma non vuole sapere cosa significa contrastare in maniera strutturale la
povertà…cosa significa veramente fare inclusione sociale.. niente di nuovo sotto il sole rispetto al
modello e al metodo.. si continuano a proporre autostrade sostenute da pilastri di sabbia, in poche
parole su quali servizi territoriali costruiamo queste autostrade, su quale infrastruttura sociale??
Allora mi dispiace ma per ora stiamo parlando ancora di luoghi insalubri e fatiscenti in cui
accogliere le persone per fare un colloquio, spesso anche con bambini presenti, stiamo parlando di
stanze di ufficio con 4 -5 scrivanie con 1 Pc a disposizione, alla faccia della digitalizzazione della PA
e della privacy, stiamo parlando di una grave carenza di personale che ci vede in un rapporto con la
popolazione di un assistente sociale ogni 13.000 abitanti anzicchè 1:500, su quasi tutto il territorio
nazionale, stiamo parlando di una deriva amministrativa che ci vuole burocrati del sociale
totalmente snaturati nel compito e nel mandato istituzionale che ci viene consegnato dal codice
deontologico come professione ordinata, e così potrei andare avanti ancora per molto ma l’intento
oggi non è tediarvi facendo la lista delle criticità, ma piuttosto condividere con voi che invece ci
dobbiamo riappropriare di quella dimensione politica del lavoro sociale, necessaria per rompere la
solitudine della professione e di chi lavora nei servizi sociali superandone la frammentazione e la
divisione, quella percezione di ruolo debole ed inutile nell’agire quotidiano, restituendo
entusiasmo al lavoro, anche e soprattutto nell’immaginario collettivo. Diventa fondamentale che
l’azione di politica sindacale promuova un’idea di welfare di tipo generativo e di comunità a fronte
della deriva di tipo assistenzialista promossa dagli ultimi interventi legislativi.
D’altra parte, per la prima volta nel nostro Paese, si introducono nella normativa tutte quelle
situazioni di fragilità sociale in cui a determinare la fragilità e la povertà, non è SOLO la perdita
del lavoro e/o la difficoltà di trovare un lavoro, ma piuttosto fattori cosiddetti multidimensionali
(fragilità psicologica, dipendenze, disabilità, competenze formative insufficienti che portano lavori
in nero, mal pagati senza diritti nè tutele etc.). La povertà diventa una cosa seria da attenzionare , i
poveri sono persone, pertanto occuparsi dei poveri diventa una cosa seria. Dico questo non
perchè prima non fosse una cosa seria, ma perchè finalmente diventando un Liveas, il contrasto
alla povertà diventa un argomento di rilevanza nazionale.
Ma la fragilità attuale dei servizi sociali territoriali TUTTI, non può diventare il capro espiatorio
della non riuscita del REI o del RDC.
Quindi quando parliamo di infrastruttura sociale, parliamo proprio di un sistema che crea quelle
condizioni di inclusione sociale attraverso la cooperazione e integrazione di più modelli di
intervento: i servizi territoriali le Asl piuttosto che i servizi per l’impiego, piuttosto che i servizi per
l’abitare, se non tutti questi insieme…La partita quindi è complessa e vanno analizzate le
molteplicità di elementi e di aspetti, per trovare le possibili soluzioni. A domande complesse i
servizi rispondono in maniera lineare, una linearità che non può essere risolutiva, ma che si deve
costruire insieme.
Quindi quello che ci serve oggi è un quadro locale di reti sostenibili, finanziate da una pluralità di
livelli con una regia assolutamente istituzionale pubblica, governata dalle Funzioni Locali (Regioni
Città metropolitane Comuni). Sono assenti le Regioni nell’ultimo decreto sul RDC.. com’è possibile?
Sull’assistenza sociale le regioni hanno un ruolo centrale. La scorsa settimana un importante
giornata in cui si è presentato il Manifesto dell’alleanza tra professionisti della salute, perchè
investire sulla salute e sul welfare significa fare coesione sociale. Ma come realizziamo tutto questo
se un abitante della Calabria ha a disposizione per la spesa sociale 22 euro e un abitante del
Trentino 220, l’universalismo è fortemente a rischio e il SSN non sta assicurando in questa fase
l’uguaglianza dei cittadini. Sono trenta anni che parliamo di integrazione socio sanitaria come
obiettivo fondamentale, non possiamo rinunciare, il nostro mandato è stare con le famiglie in
difficoltà, così come ci viene confermato dal professor Marmot, in una delle sue ultime ricerche in
cui ci conferma che “i fattori sociali hanno un ruolo fondamentale nella salute del corpo e lo
condizionano fortemente”. Nei servizi sociosanitari non ci sono più assistenti sociali, quelli che
vanno in pensione sappiamo che non vengono sostituiti.. Stiamo facendo a meno del trade union
fondamentale tra la cura della salute e il contesto di cura.
Quindi non serve un NUOVO Welfare ma piuttosto un welfare locale che funzioni veramente.
Questa è la sfida per tutti, nessuno escluso…
Come Liveas il REI piuttosto che il RDC si presentano come un percorso di inclusione sociale
(lavorativa, di tutela della salute fisica e mentale e di inclusione abitativa). Un vero percorso di
rientro nel mondo sociale con tutte le sue caratteristiche.
Cosa manca?
Nell’ultimo decennio quella che è venuta meno, per il servizio sociale territoriale, è proprio la
comunità competente ed inclusiva, i luoghi, i contesti in cui far crescere questa rete questo
senso di appartenenza, quindi una comunità un territorio inteso come luogo fisico e mentale, fatto
di socialità e solidarietà, in cui i cittadini più fragili possano ricominciare a vivere…
Il rischio concreto è che queste misure economiche diventino un problema piuttosto che
un’opportunità, per noi operatori e per i cittadini che ne possono beneficiare, questo perché
molto concretamente anche in questa nostra regione sono tanti i piccoli comuni che hanno un
assistente sociale, che scappa di qua e di là non regolarizzata, sottopagata che si deve occupare di
tutti i procedimenti relativi alla misura e a tante altre incombenze istituzionali. Dico questo perché
si sta creando il paradosso che vecchi servizi già normati dalla legge quadro nel 2000, come il
servizio sociale professionale vedano ancora oggi tanti comuni inadempienti, ai quali si aggiunge
il REI o il RDC, senza avere la certezza e garantire livelli minimi di risorse umane, professionali e in
condizioni di prendersi le necessarie responsabilità, e quindi rispondere positivamente ai controlli.
Cosa può significare tutto questo per i cittadini fragili e in difficoltà?
Che la misura economica che pure finalmente riporta al centro la necessità di occuparsi seriamente
di una fetta di popolazione svantaggiata, non sia efficace perché il servizio sociale non è in
condizione di renderla esigibile, non è in condizioni di costruire percorsi efficaci di inclusione
sociale.
Ad oggi, la realtà è di una grande competenza, una grande buona volontà ma anche di una grande
solitudine di questi servizi, ancora non riconosciuti come infrastruttura essenziale e portante, non
adeguatamente supportati da quelle reti istituzionali di cui abbiamo già parlato. Quella stessa
solitudine di tanti cittadini ripiegati nella loro sofferenza.
Quella solitudine, frustrazione degli operatori, che diventa burn out, e dei cittadini/utenti che
sentendosi “presi in giro” proprio da coloro a cui hanno raccontato le loro disgrazie, diventa
violenza verbale o fisica. Una violenza che solo ultimamente sta emergendo ma che di fatto crea
imbarazzo e senso di colpa da chi la subisce, perchè viene quasi giustificata o compresa. Da una
ricerca dell’Ordine Nazionale emerge che più dell’88% degli assistenti sociali durante il servizio ha
subito violenze di vario genere, e la percentuale è in netto aumento.
Non accetteremo l’ennesima delega in bianco, così come abbiamo sempre fatto, sbagliando…. Ci
impegneremo piuttosto, a partire dal Coordinamento della FP Nazionale degli AASS delle Funzioni
Locali, a raggiungere tutti gli AASS dei territori, della sanità, della giustizia, della cooperazione
sociale per far crescere un movimento culturale e coinvolgere l’intera cittadinanza…perché la
fragilità è una condizione dell’esistenza umana.
Concludo dicendo poche parole sulla vertenza sindacale dei servizi sociali del Comune di Roma,
che ormai ci ha portato alla proclamazione dello sciopero per il 21 marzo. .nella nostra natura
visionaria abbiamo immediatamente pensato che questa data non era casuale, l’arrivo della
primavera sarà per NOI un nuovo inizio…. non siamo contenti di fare sciopero, ma siamo
consapevoli che questo sciopero è necessario per la nostra dignità di servizio pubblico e ancor di
più, per la dignità di quelle persone che tutti i giorni si rivolgono a noi, e che hanno diritto ad avere
una risposta seria, un servizio efficace e professionale.. oggi non è più così..
Ci auguriamo però che questo movimento nato nel cuore della FP di Roma e Nazionale diventi
veramente fermento politico e culturale per tutta CGIL che basa i suoi valori fondanti proprio nella
carta Costituzionale.
Laura Paradiso RSU FP CGIL Roma e Lazio