Autonomia Differenziata, nel vuoto della politica il sindacato è in campo

20 Febbraio 2019

Momento di riflessione della categoria con ospiti e opinioni diverse. Un primo passaggio, altri ne seguiranno, per mettere al centro i riflessi sul pubblico e sui servizi ai cittadini.

Un primo, di merito, momento di discussione sull’autonomia differenziata e sugli effetti che questa produrrà sul pubblico, dai lavoratori investiti ai servizi ai cittadini. Al quale ne seguiranno altri e più specifici, dal livello nazionale per arrivare nei territori. Per colmare un vuoto, quello della riflessione politica sul tema. La Fp Cgil ha, di fatti, promosso un seminario sulla questione, allargando la discussione a diversi e autorevoli punti di vista. Una riflessione che, al momento, genera molte domande e poche risposte, perché, come ha sostenuto la segretaria generale, Serena Sorrentino, “la confusione regna sovrana e in questo quadro spaventa che i soggetti in campo che dovrebbero governare la discussione politica non abbiano una posizione, così come non ci sia dibattito in Parlamento”.

Molte domande, per chi si interroga, e poche le risposte. Siamo davvero pronti per intraprendere un percorso di autonomia differenziata delle regioni, a partire da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, di fronte a situazioni di squilibrio, criticità e mancanza dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni che attraversano il Paese? È proprio con questo grande interrogativo che si è aperto il seminario sull’autonomia differenziata: un momento di confronto e dibattito, anche grazie al contributo di Franco Bassanini, ex ministro della Funzione Pubblica e docente di diritto costituzionale, Luigi Marattin, parlamentare del Partito Democratico ed ex consigliere economico Pcm, e Claudia Tubertini, docente di diritto amministrativo presso l’Università di Bologna, che hanno fornito punti di vista nuovi e diversi, offrendo spunti di riflessione per la comprensione di una questione tanto delicata.

Il professor Bassanini ha parlato di rischi superiori alle opportunità. “Il principio dell’autonomia differenziata – ha affermato Bassanini – se intrapreso nel modo corretto è di per sé positivo. Il regionalismo dovrebbe rappresentare un’opportunità perché il nostro è un paese variegato, con realtà economiche, culturali e sociali molto diverse. Inoltre oggi rispetto al passato le istituzioni pubbliche hanno compiti molto complessi ed è quindi necessario ripartirli pluralmente, a diversi livelli governativi. Ma in questo modo non siamo pronti a procedere. La trattativa sembra essere molto confusa: le regioni negano che ci sia stata un’intesa con lo Stato, si parla persino di bozze apocrife. Mancano evidentemente le condizioni necessarie per attuare questo provvedimento”.

Anche Marattin ha parlato di occasione mancata. “Io non credo nell’efficacia di un sistema in cui spostandoci sul territorio nazionale ogni Regione abbia competenze diverse – ha spiegato Marattin -. Si può passare da uno Stato centralista ad uno federalista solo se questo passaggio si basa su due pilastri: autonomia e responsabilità. Autonomia da una parte, ma anche piena responsabilità dei bilanci locali. Invece abbiamo sindaci che investono in un settore più che in un altro per mero consenso politico. Per intraprendere un percorso di questo tipo è necessario calcolare il fabbisogno standard e la capacità fiscale dei Comuni. Se il fabbisogno è superiore alla capacità fiscale, lo Stato si occuperà di garantire il gap, prendendolo dai Comuni in situazione opposta”.

Ma il nodo ancora da sciogliere è quello delle ripercussioni sul lavoro pubblico. “Veneto e Lombardia hanno chiesto competenza su tutte le materie. La proposta avanzata dev’essere ragionevole, fondata su concrete necessità, deve essere giustificata. Se su una materia a livello regionale non c’è efficienza, non si può chiedere l’autonomia”, ha commentato la professoressa Tubertini, aggiungendo che: “Ci sono competenze che possono essere gestite localmente, altre hanno bisogno di una gestione nazionale. Pensiamo alla sanità: se non si trova risposta al calo organico, anche le Regioni più efficienti finiranno per entrare in crisi. In questo caso sarebbe ideale una risposta nazionale al reclutamento del personale medico”. La Cgil, ha concluso Tubertini, “può fare davvero molto nella costruzione di un’opinione e di un modello in merito, proprio perché il dibattito è ancora pieno di incertezze. Un’organizzazione così grande può davvero fornire un contributo essenziale”.

Nelle parole di Sorrentino un parallelo con la discussione che attraversò il paese ai tempi della riforma del Titolo V della Costituzione. “Una riforma incompiuta che ci ha condotto alla discussione di oggi. Una discussione, questa, molto più pericolosa che ha a che fare con il fallimento di una stagione riformatrice sul terreno della protezione sociale. E che segue una scorciatoia: pensare di offrire sul territorio risposte, incrementando le prerogative pensando di aumentare così il proprio potere decisionale”. Sorrentino ha poi elencato nel dettaglio temi della categoria che attraversano – o almeno dovrebbero – la discussione sull’autonomia differenziata: la riforma fiscale, vera chiave della discussione; il decentramento amministrativo, e la prossimità delle scelte che determina; ma soprattutto il tema degli investimenti e delle risorse necessarie, vera battaglia da fare in termini di sostegno e potenziamento del welfare. Da questi primi spunti, nel vuoto della discussione politica, la categoria, nel solco della Cgil, continuerà la discussione.

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