Al Segretario Generale
della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Pres. Roberto Chieppa
Palazzo Chigi
segreteriausg@governo.it
usg@mailbox.governo.it
e p.c.
Al Capo Dipartimento del Personale
Cons. Fabio Fanelli
segreteriadip@governo.it
Al Capo Dipartimento della Protezione Civile
Dott. Angelo Borrelli
segreteriacd@protezionecivile.it
Con una nota interna del 18 dicembre 2018 il Capo Dipartimento della PC ha inviato a tutti gli
Uffici del Dipartimento stesso una circolare concernente la “proposta di programma per la
valorizzazione della funzione di supporto del Dipartimento della protezione civile al territorio”
riferiti a “contesti emergenziali in territorio nazionale.” Nella nota questa attività è definita come
“caratteristica” dell’Amministrazione e nella bozza di programma allegato alla nota l’intervento in
emergenza sul territorio è definito “prassi stratificata”.
A rafforzare queste affermazioni viene citata la nuova normativa di PC (c.d. codice della protezione
civile, Decreto legislativo n.1 del 2 gennaio 2018)
L’allegata bozza di programma (chiamato “PROGRAMMA” in maiuscolo) affronta i vari aspetti
che la sopra citata funzione comporta sotto il profilo della organizzazione (legittimazione del ruolo;
composizione/organizzazione e termini di riferimento, requisiti e ambiti di attività, logistica);
amministrazione (reperibilità, applicazione incentivo economico, sicurezza); formazione (percorsi
formativi).
Benché si tratti di una bozza, il documento è piuttosto articolato e complesso (48 pagine) e riflette la
complessità della tematica.
Tematica che non riguarda la mera organizzazione del lavoro (tema di competenza esclusiva della
dirigenza dell’Amministrazione), ma che comporta la creazione di istituti extra-contrattuali (come
la reperibilità “in pronta partenza”) e la descrizione di funzioni che nel CCNL non sono nemmeno
citate.
Il documento è la manifestazione di un baratro che esiste da sempre, ma che si è ampliato negli
ultimi anni, tra il lavoro formale previsto dal CCNL della PCM ed il lavoro reale effettuato
all’interno del Dipartimento della PC. Esprime anche una contraddizione grave tra un sistema
costituzionalmente regionalista, dove però anche a fronte di eventi locali viene invocato (o in
qualche caso, imposto) l’intervento dello Stato. Questo anche a causa dell’incapacità di sviluppare
un vero servizio di PC in ambito regionale o locale.
In ogni caso, al di là di valutazioni sull’opportunità di accentrare o decentrare gli interventi
operativi in “emergenza”, questa organizzazione pone numerose questioni di natura sindacale che
riguardano almeno i seguenti profili:
– responsabilità di tipo amministrativo e professionale del personale inviato a supporto in
“emergenza”;
– rischi per la salute e conseguenti misure di prevenzione e protezione (procedure, dpi, ecc.)
– trattamento economico;
– formazione.
Si deve inoltre considerare che le attività di “supporto” del DPC al territorio, qualsiasi cosa questo
voglia significare, hanno una ricaduta significativa sull’organizzazione del lavoro delle componenti
(statali, regionali, provinciali e comunali) e delle strutture operative (servizio sanitario, vigili del
fuoco, forze dell’ordine, forze armate, ecc.) del servizio nazionale della PC. Peraltro è opportuno
ricordare che dal 2012 le ordinanze di PC in deroga alle norme vigenti sono firmate direttamente dal
Capo Dipartimento della PC. Spesso tali ordinanze contengono provvedimenti che non riguardano
solo i lavoratori DPC, ma anche di tutte le Amministrazioni, sia esse componenti o strutture
operative già citate e a vario titolo coinvolte nelle situazioni di emergenza.
Paradossalmente, però, il Capo Dipartimento della PC non è titolare di relazioni sindacali (gestite da
altro Dipartimento per tutta la PCM), se si esclude il rapporto tra il datore di lavoro e gli RLS
nell’ambito della sicurezza sul lavoro. Generando un corto circuito nelle relazioni sindacali laddove
sottrae un necessario tavolo di confronto così fortemente caratterizzato.
Il tema del “nuclei di pronta partenza” è solo una delle tante anomalie che caratterizzano il lavoro
in DPC: dalle reperibilità utilizzate per organizzare, di fatto, dei turni (servizio meteo e idro)
istituendo de facto la figura del turnista ma senza alcuna tutela prevista dalle normative vigenti per
questa fattispecie, alle indennità conferite per il lavoro svolto in “sala situazione” da personale non
turnista, nelle configurazioni di “emergenza” che il DPC assume sulla base delle proprie procedure
interne, orario di lavoro che si protrae all’inverosimile.
La scrivente ha proposto come piattaforma di programma per le elezioni RSU che in sede di CCNL
e di contrattazione, specialmente di secondo livello, vengano regolate tutte le peculiari funzioni
previste dalla legge e dalla prassi, ad oggi nemmeno nominate nei contratti e solo parzialmente
affrontate nel documento di valutazione dei rischi.
Non è dignitoso né sostenibile continuare a svolgere un servizio pubblico ritenuto come
fondamentale (legge n.146/1990), ma formalmente non riconosciuto e retribuito sulla base delle
concessioni previste di volta in volta nelle ordinanze di PC o altri provvedimenti estemporanei.
Per la Fp Cgil Nazionale
Andrea Impronta – Giovanni Ciancio