SOTTOSCRITTO L’ACCORDO COSTITUTIVO DEL FUA 2018
NUOVO PROTOCOLLO DI INTESA SULLA COMPOSIZIONE DEI CONFLITTI
AL VIA LE PROGRESSIONI 2018
ANCORA SUI PASSAGGI DI AREA
ASPETTATIVE PER DOTTORATO E ASSEGNI DI RICERCA: CHI AUTORIZZA?
Nella riunione di ieri abbiamo proceduto alla stipula dell’accordo costitutivo del FUA 2018. Come potete vedere dall’allegata tabella abbiamo accantonato le risorse utili a chiudere il ciclo delle progressioni 2018 ed abbiamo aumentato le risorse da destinare alle posizioni organizzative, per le quali l’impegno è quello di rivedere contestualmente i criteri di attribuzione di questa indennità, ampliando la platea dei possibili destinatari e graduando il compenso sulla base dei livelli di responsabilità attribuiti ai funzionari. Su questo l’amministrazione si è riservata di produrre una proposta che valuteremo nell’ambito del prosieguo del confronto.
Per quel che riguarda le progressioni economiche l’amministrazione ci ha fornito un prospetto del personale che è rimasto fuori dai processi iniziati nel 2010. Da quello partiremo e ieri si è deciso di costituire la commissione tecnica paritetica che dovrà valutare criteri e platea dei possibili destinatari. Sempre sul FUA è emersa ieri la solita interferenza degli organi di controllo, in questo caso il MEF, che produce interpretazioni di parte del CCNL in questo caso relativamente ai meccanismi di rifinanziamento dei fondi. Un comportamento che noi consideriamo del tutto inaccettabile e che certamente sarà uno dei temi oggetto del confronto con il Ministro. Sempre ieri abbiamo sottoscritto un nuovo accordo sulla regolazione dei conflitti che serve a fare chiarezza sui livelli di responsabilità degli Uffici interessati dalla procedura. L’accordo, che vi alleghiamo, consente pertanto di attivare immediatamente i tavolo di conciliazione in tutte le situazioni che erano bloccate per via dei conflitti di competenze che immediatamente sorgevano tra i vari Uffici.
L’AVVOCATO DISGUSTATO.
Abbiamo letto che l’avvocato che segue il contenzioso sui passaggi di area si è detto “disgustato” per il fatto che noi abbiamo chiesto chiarezza all’amministrazione su come intenda affrontare il contenzioso in atto nei vari Tribunali della penisola, che stanno producendo esiti variegati. Non è la prima volta che registriamo il tentativo di trascinarci in una polemica, addirittura con minacce di querele nei confronti di nostri colleghi di altre sigle. Noi ribadiamo invece la nostra solenne indifferenza verso toni e modalità che non ci appartengono e ne profittiamo per augurare all’avvocato le migliori fortune professionali, precisando solo che noi siamo la CGIL e non la CGL, in quanto ancora in possesso di cittadinanza italiana La nostra richiesta di chiarezza, oltre a provocare questo spiacevole fastidio al legale, ha prodotto ieri sul tavolo una informativa sullo stato delle cose che ci è stata fornita direttamente dal Servizio che si occupa di contenzioso. In sostanza confermando che sono scaduti i termini per il ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Chieti, precisando che si sarebbe trattato di una mancanza attribuibile alla esclusiva responsabilità dell’Avvocatura dello Stato, mentre invece ci è stato confermato che si intende procedere con i ricorsi verso le sentenze sfavorevoli all’amministrazione. Questo in risposta a polemiche surreali secondo le quali noi, intesi come parte sindacale, non si sa bene in base a quale prerogativa, dovremmo obbligare l’amministrazione a non produrre i ricorsi contro le sentenze di primo grado. Nei contenziosi noi siamo generalmente controparte e non abbiamo alcuna possibilità di condizionare atteggiamenti e comportamenti che investono direttamente le responsabilità gestionali dell’amministrazione. E per quanto riguarda il contenzioso, avendo una visione diversa dal legale disgustato, ci auguriamo fermamente di avere torto, ma i conti su questa vicenda si faranno alla fine. Una visione diversa che ci deriva dalle consulenze che ci hanno fornito i nostri legali, come molti lavoratori interessati sanno. La settimana prossima ci rivedremo sul tavolo nazionale e affronteremo il tema dei passaggi di area. Anche in questo caso l’Amministrazione si è impegnata a presentarci una proposta preventiva che noi naturalmente valuteremo, anche tenendo conto dell’evoluzione di questo contenzioso.
IL TURISMO ALLE POLITICHE AGRICOLE? MA ANCHE NO
Una voce sempre più consolidata all’interno del Collegio Romano darebbe ormai più che consolidata l’ipotesi di trasferire le competenze sul Turismo dal MIBACT alle Politiche Agricole.
Un indirizzo peraltro rintracciabile anche nelle dichiarazioni del nuovo Ministro e che è evidentemente frutto del famoso contratto di governo. Noi non ci siamo mai appassionati alla scelta di inserire il Turismo nel MIBACT: una scelta ideologica e poco funzionale in quanto il Turismo e materia che interseca diversi settori delle istituzioni pubbliche, dalle Infrastrutture allo Sviluppo Economico, dalla Cultura alle Politiche Agricole, e via dicendo. Quindi questa competenza a nostro avviso dovrebbe avere un modello organizzativo autonomo e le varie Amministrazioni intersecanti dovrebbero avere dei riferimenti organizzativi interni. Invece il trasferimento di questa competenza da un Ministero ad un altro ha tutta l’aria di una operazione politica di spartizione di competenze che nulla ha a che vedere con una progettazione organizzativa e molto con meccanismi da Prima Repubblica. Insomma una scelta senza senso e destinata a produrre effetti negativi persino su quelle attività che, tra mille difficoltà organizzative, si sono messe in piedi, a partire dal tax credit per finire al Piano strategico per il Turismo. Questo per la semplice ragione che noi non pensiamo che il personale attualmente impiegato nella DG sia minimamente interessato a cambiare Amministrazione e diamo per scontato che, nell’eventualità del passaggio, si manterrà nella stragrande maggioranza l’opzione di permanenza nei ruoli del MIBACT. Insomma si trasferirebbe una scatola vuota, che si porta dietro una dotazione finanziaria assai consistente, in un Ministero nel quale l’incidenza della materia è addirittura inferiore a quella che registriamo rispetto ai beni culturali. Per cui se questo fosse il debutto programmatico del nuovo Ministro ne saremmo francamente molto delusi: un patto di potere che nulla avrebbe a che vedere con il famoso cambiamento promesso.
IL DIRITTO ALLA FORMAZIONE: QUALE PROCEDURA PER LE ASPETTATIVE PER DOTTORATO E ASSEGNO DI RICERCA?
Da ultimo, e non certo per ordine di importanza, vi riportiamo uno stralcio di lettera che riguarda un aspetto importante per i nostri lavoratori, soprattutto quelli più giovani ed è riferito alla modalità con la quale l’Amministrazione intende affrontare la questione della valutazione delle sue esigenze quando un lavoratore chiede una aspettativa per poter svolgere un dottorato di ricerca o un assegno di ricerca. Ed è riferita ad un caso singolo di cui ci siamo appassionatamente occupati in questi giorni, ovvero una richiesta di aspettativa per assegno di ricerca verso cui il dirigente dell’Ufficio interessato ha posto un diniego sulla base della carenza nell’organico. Producendo una questione non di poco conto: considerato lo stato dell’organico ci troveremmo di fronte a forme di rigetto generalizzato verso istanze di questa natura. Noi invece abbiamo proposto una interpretazione diversa del famigerato codicillo introdotto dalla geniale riforma Gelmini che ricordiamo nel 2010 ha introdotto nella normativa di settore la modalità autorizzativa sulla base di una definizione generica delle esigenze dell’amministrazione. Di seguito il passaggio interpretativo:
“Fatte salve le sopra esposte considerazioni in relazione al caso di specie e ribadendo che l’opportunità di accedere a offerte formative qualificate e coerenti con lo specifico apporto professionale, senza costi aggiuntivi per il datore di lavoro, non possono che essere considerate positivamente da codesta Amministrazione, appare opportuno procedere, in relazione alle valutazioni offerte dal Servizio III, ad una opportuna ricognizione su quale deve essere il soggetto titolare dei meccanismi autorizzativi, in coerenza con il dettato normativo generale che consente la fruizione, da parte dei lavoratori dipendenti, dell’istituto in questione. A parere della scrivente O.S. tale decisione non può essere di esclusiva potestà del Dirigente preposto all’unità organizzativa in cui il dipendente presta servizio. Perché questo porrebbe tale modalità in palese contrasto con i principi normativi che sottendono alla fruizione di questi istituti, in relazione al carattere meramente discrezionale della valutazione contingente sulle esigenze di servizio. Ovvero che la carenza endemica di personale diventi la motivazione del diniego e pertanto renda praticamente impossibile la fruibilità dell’aspettativa. E’ appena il caso di ricordare come tale possibilità sia stata inserita dal legislatore in modo del tutto generico (“compatibilmente con le esigenze dell’Amministrazione” e non del singolo servizio) e non identificando il soggetto valutatore tali esigenze di servizio. L’assegnazione di tale facoltà esclusivamente al dirigente che ha in forza il dipendente produce di conseguenza una valutazione preminente su interessi contingenti a scapito di una valutazione generale degli effetti benefici che invece il percorso di specializzazione può produrre sulla funzione di civil servant. Inoltre appare superfluo ricordare che in Italia esiste un articolo 9 della Costituzione che prevede come missione fondamentale della Repubblica la promozione della cultura e della ricerca scientifica e tecnologica, e un art. 33 che disciplina la libertà di ricerca e di insegnamento.
Alla luce di quanto sopra considerato, a parere della scrivente O.S., la previsione normativa relativa alle esigenze dell’Amministrazione, non può che restare in capo a codesta Direzione generale, che dispone degli strumenti per valutare l’insieme delle esigenze di servizio, compresa quella di corrispondere agli obblighi ed alle opportunità di formazione del personale, e pertanto si invita la stessa a voler riconsiderare con urgenza la posizione procedurale assunta, concedendo alla dipendente interessata il periodo di aspettativa richiesta.
Resta ferma in ogni caso la necessità di regolare dal punto di vista generale la modalità di fruizione di queste aspettative, auspicabilmente con una valutazione congiunta con la DG Educazione e Ricerca, che in qualche modo definisca nel dettaglio quali possono essere i vincoli relativi alle esigenze dell’amministrazione, ovvero la definizione di percorsi di specializzazione coerenti con l’apporto professionale che consentano una valutazione comparativamente congrua tra le esigenze contingenti manifestate eventualmente dal singolo dirigente e quelle più generali di riqualificazione e specializzazione degli apporti dei lavoratori nell’ambito dei progetti generali di formazione predisposti dall’Amministrazione centrale.
Su quanto sopra la scrivente resta in attesa di formale riscontro, riservandosi ogni opportuna valutazione al riguardo e precisando che qualora permanesse il diniego alla richiesta di aspettativa della funzionaria in oggetto la FP CGIL avanzerà formale istanza direttamente al Ministro segnalando la grave violazione subita dalla stessa ed il pessimo precedente che si verifica nella gestione di una materia strategica come la formazione dei dipendenti.”
Su questa interpretazione abbiamo avuto un assenso di massima e vedremo se produrrà come da noi richiesto una Circolare interpretativa da parte di DG Organizzazione e DG Educazione e Ricerca.
Cari saluti
Claudio Meloni
FP CGIL Nazionale