Il 30 agosto 2017 si è svolto il previsto incontro tra Cgil-Cisl-Uil e Governo sul tema della Previdenza, nell’ambito della cosiddetta “fase due” prevista dal Verbale di sintesi del 28 settembre 2016.
Entrando nel merito, il Ministro ha proposto la modifica per l’accesso al pensionamento dell’attuale 1,5 volte l’assegno sociale previsto dalla legge Fornero, portandolo all’1,2 con l’importo che passerebbe dagli attuali 672 euro a 537 euro. Questo amplierebbe la platea di coloro che potranno beneficiare dell’uscita all’età di 66 anni e 7 mesi, rispetto ai 70 anni e 7 mesi attualmente previsti per chi non raggiunge quel livello di pensione minima. Un’altra modifica che il Ministro ha proposto, per supportare il problema delle nuove generazioni, è quella di aumentare la cumulabilità tra pensione sociale e pensione contributiva, considerando come reddito per il diritto all’erogazione della pensione sociale, solo il 50% del reddito di pensione percepito (modificando i 2/3 attualmente previsti dalla Legge Dini). Rispetto all’altro punto all’ordine del giorno, quello della previdenza complementare, il Ministro ha richiamato la disponibilità ad intervenire con una norma che favorisca l’incremento delle adesioni (eventualmente anche attraverso lo strumento del silenzio assenso) ma sulla base e a sostegno di eventuali intese della parti sociali, escludendo però di procedere in tal senso nel pubblico impiego e dando la disponibilità ad equiparare la tassazione relativa alla previdenza complementare dei dipendenti pubblici a quella prevista per i privati. E’ stata inoltre proposta una modifica/allargamento della Rita, strumento oggi legato all’Ape volontaria, che potrebbe divenire più flessibile, con un utilizzo svincolato dai tempi di maturazione del diritto alla pensione, e prevedendo un alleggerimento fiscale sul TFR o su eventuali ulteriori “buonuscite” erogate dalle aziende, se volontariamente destinate dal lavoratore alla Rita. Sull’adeguamento del requisito pensionistico all’aspettativa di vita, che rischia di far crescere il requisito pensionistico di 5 mesi dal 1 gennaio 2019 (secondo le anticipazioni dell’Istat), il Ministro ha ribadito di voler aspettare i dati ufficiali dell’Istituto, non rispondendo quindi alla richiesta sindacale di bloccare l’automatismo dell’incremento dell’età pensionabile in rapporto alla crescita della speranza di vita.