Diffondiamo il testo stenografico della seduta di ieri alla Camera sul DL terremoto, in particolare quello che riguarda l’istituzione di un nuovo dipartimento in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che si chiamerà, forse, Casa Italia (DCI). Ovviamente aspettiamo di leggere il testo per esprimere un giudizio definitivo.
Tuttavia la lettura dello stenografico ci consente già di riprendere qualche intervento in Aula che ha inteso sottolineare quanto noi continuiamo a pensare e a sostenere e cioè: la complessa materia della messa in sicurezza, adeguamento e manutenzione del territorio rappresenta la vera, unica e indispensabile grande opera pubblica di cui il Paese ha davvero urgente bisogno. La CGIL, non a caso, ha proposto questi temi come elementi cardine nel suo Piano di Lavoro, lanciato alla Conferenza di programma del 25 e 26 gennaio del 2013, al Palalottomatica di Roma. Un piano e un patto di legislatura, per una nuova politica industriale, sociale e ambientale, fondata su una diversa politica fiscale. Non più solo il rigore, ma un forte rilancio della riqualificazione e della crescita del sistema produttivo.
Un altro modo di vivere, da cittadino consapevole, il proprio territorio e una decisa politica di responsabilizzazione delle pubbliche amministrazioni ad ogni livello. Una vera riconversione civica verso una nuova cultura della res publica.
Il tema, come si vede, meriterebbe un ampio dibattito parlamentare e politico, in un tempo certo, visto lo stato in cui versa il territorio, e non un frettoloso emendamento suggerito da una logica politica d’imperio e della dominanza bocciata al referendum del 4 dicembre, da un comportamento e assetto schizofrenico (il 7 marzo è stata votata la delega per la riforma della PC che sovraintende ai temi di prevenzione dei rischi) e da una buona dose, quantomeno, di improvvisazione e finta ignoranza.
L’emendamento presentato dal governo all’ultimo momento, scritto in quel modo, con quel contenuto che abbiamo avuto modo di leggere, è un occasione mancata e mette in cattiva luce il neo dipartimento ancor prima della sua nascita, connaturandolo come un’ennesima “struttura a latere” che confliggerà con numerosi ministeri e finirà per interferire con l’erogazione del servizio di protezione civile reso attraverso le attività di previsione, prevenzione, soccorso e superamento dell’emergenza.
E a proposito della prevenzione. La finta approssimazione con cui si è affrontato fin qui il vasto tema della prevenzione in Italia è figlia della cosiddetta shock economy, che nella sua declinazione aveva sedotto finanche il dipartimento della protezione civile. Tant’è che si era ideata una protezione civile spa, avversata e sconfitta con il contributo fondamentale della CGIL. Ora auspichiamo (e vigileremo su questo) che i decreti attuativi della legge 30 del 16 marzo 2017, sapranno delimitare e indicare i campi, le attribuzioni, le funzioni e le attività di ogni attore chiamato a concorrere sui delicati temi della prevenzione, a cominciare dal dipartimento della protezione civile.
Il clima sembrerebbe favorevole. Infatti pare che nelle intenzioni (o chiacchiere?) ci sia una inversione di tendenza nell’affermare, finalmente, una cultura del rischio (e quindi della previsione e prevenzione) e una presa di distanza dalla cultura dell’emergenza e quindi dalla shock economy, che, è giusto rammentare, ha caratterizzato dal 2001 le politiche di protezione civile a tutti i livelli. Un inversione di tendenza che però non è ad oggi riscontrabile nella prassi politica-amministrativa, nei linguaggi e nelle procedure. L’istituzione del DCI, fatta in questo modo, infatti, scritta come si rinviene nell’emendamento del governo che abbiamo pubblicato ieri 22 marzo, sembra più una logora conferma del passato che una nuova politica di prevenzione.
Un occasione mancata!
23.03.2017