Ciclicamente, come un fiume carsico riappare la questione
del 2,50% (Figuratività della trattenuta sul tfr dei dipendenti pubblici) con
proposte di ricorsi.
Ciò accade forse per ristagno di iniziative sindacali da
parte di alcuni sindacati e per rianimare la situazione e il proselitismo ci si
riavventura su sentieri già negativamente percorsi.
Riepiloghiamo in maniera sinottica una questione legislativa
abbastanza complessa.
L’art 2, commi 5/8 della legge 335/95 stabilisce, a decorrere dal
1.1.96, il diritto ai lavoratori pubblici di percepire il tfr secondo quanto
previsto dal codice civile con le modalità stabilite dalla contrattazione
collettiva.
Stabilisce:
l’estensione dell’accantonamento annuo con accordo sindacale.
Il
passaggio dai Tfs al Tfr non avvenne entro i termini previsti (1° gennaio 1996)
ma circa tre anni più tardi quando fu stipulato l’accordo quadro Aran –
Confederazioni sindacali 29 luglio 1999, recepito dal Dpcm 20 dicembre 1999 e
s.m.i.
Detto
accordo ha consentito il passaggio dal Tfs al Tfr per i dipendenti
contrattualizzati dal 1.1.2001 e le
norme sulla trasformazione del Tfs in Tfr per la destinazione delle
quote di Tfr alla previdenza complementare per quelli assunti prima del 2001.
In
particolare l’accordo, firmato da
Cgil, Cisl, Uil, dispose la soppressione
del contributo previdenziale obbligatorio del 2.50 % a carico dei dipendenti in
regime di TFR; onde evitare che questa soppressione comportasse, a parità di
situazione, disparità di trattamento economico, fu applicato il comma 19, della
legge n. 448/1998 sull’invarianza della retribuzione.
In
altre parole, a carico del personale cui spetta il TFR non può più essere
trattenuto il contributo previdenziale del 2,50% ma, per assicurare l’invarianza
della retribuzione netta, l’accordo CGIL CISL UIL – ARAN, ha previsto la contestuale diminuzione della
retribuzione lorda di tali dipendenti in misura pari a quella della quota di
contributo a carico dell’iscritto cui spetta invece il trattamento di fine
servizio (IPS o buonuscita).
Questa è la situazione alla data di entrata
in vigore del Dl 78/2010 che per un limitato arco di tempo TFS (dal 1° gennaio 2011 all’ottobre 2012) ha cambiato le
carte in tavola.
Infatti il comma 10 dell’art. 12 del DL n. 78/2010 aveva previsto che, a
partire dalle anzianità utili maturate dal 1° gennaio 2011, fosse esteso a
tutti la MODALITA’ DI CALCOLO DEL TFR conservando la trattenuta del 2,50%.
La sentenza della Corte costituzionale n. 223 dell’ottobre
2012, ha dichiarato l’illegittimità. della norma stessa, (poi definitivamente abrogata dal
decreto legge 30 ottobre 2012, n. 185) .
E’ accaduto, tuttavia, che nei giudizi
ancora in corso sempre relativi alla illegittimità della trattenuta per il
personale in TFS (giudizi che con l’art. 1 – comma 99 – della Legge n.228/2012,
erano destinati ad estinguersi) è stata sollevata dal giudice la questione di
costituzionalità di dette norme che riportavano la regolamentazione delle
liquidazioni alle regole del TFS anche per i periodi successivi al 1/1/2011
(ovviamente solo per il personale interessato, ovvero gli assunti prima del
31/12/2000).
La Corte Costituzionale si è nuovamente
pronunciata con la sentenza n. 244 emessa il 22/10/2014, sulle norme che hanno
regolato il “ritorno” al TFS anche per i periodi successivi al
1/1/2011 (art. 1, Legge 228/2012) per il personale che era già in regime di TFS
ed ha sancito che dette norme sono legittime e che, per detto personale,
quindi, la decurtazione del 2,50% è conforme alla costituzione.
La suddetta sentenza, però, ha ribadito che
la trattenuta del 2,50% è legittima solo
con riferimento al TFS.
Ora molti interpretando l’indicazione
dell’importo del 2.50% sulla propria busta paga come un contributo a suo
carico, chiedono la l’eliminazione della trattenuta e la restituzione
dell’indebito.
Si
ricorda come precisato dal messaggio INPS 21-06-2013 n. 10065 che
conferma la circolare Inpdap n. 30 del 1/08/2002 (vedi allegati) che l’importo
è riportato solo per assicurare l’uguaglianza della retribuzione netta e delle
trattenute fiscali tra i dipendenti in regime di TFS e quelli in regime di TFR,
ma non viene versato da nessuna parte.
Lo
stipendio lordo così diminuito viene poi figurativamente incrementato dello
stesso importo ai fini della determinazione della base di calcolo del
trattamento di pensione e del TFR.