COMUNICATO
Oggi abbiamo avuto l’atteso incontro con il ministro Franceschini sugli schemi di DM che individua Uffici dirigenziali e criteri per i conferimenti degli incarichi dirigenziali.
In premessa, considerato l’alto numero di segnalazioni che sono pervenute dai territori, dobbiamo precisare che la materia non è oggetto di negoziazione tra le parti, che il Ministro ed il Governo hanno la responsabilità politica delle scelte che compiono, a noi spetta l’ingrato compito di rilevare le criticità e quello fondamentale di tutelare i lavoratori nell’ambito dei processi di costituzione dei nuovi Uffici. Per cui la riunione ha avuto solo l’obiettivo di consultare le parti sociali, definire i processi negoziali che dovranno servire a tutelare le condizioni di lavoro nell’ambito della riassegnazione dei lavoratori nelle nuove strutture territoriali, porre al centro le problematicità che emergono in modo chiaro dalla lettura dello schema di DM. Sappiamo di dover affrontare una fase complessa e non priva di insidie, e che il progetto di riforma ha comportato un giudizio di forte critica sull’impianto complessivo le cui ricadute sono evidenti nella fase applicativa.
Ma proprio per questo riteniamo che si debba sviluppare una forte azione sindacale mirata alla tutela delle condizioni di lavoro e che al contempo occorre rafforzare una azione politica per riavviare i processi lavorativi senza la mannaia dei tagli e con investimenti in risorse strumentali ed umane.
Questo è indipendente dalle valutazioni sull’efficacia di questa riforma, il governo risponde al Paese delle sue scelte noi rispondiamo ai lavoratori.
Il Ministro, nella sue esposizione introduttiva, ha difeso le scelte organizzative richiamandosi al principio di necessità, ovvero che era necessaria la riforma dell’apparato ma che questa riforma è figlia della spending review, e come tale, ha dovuto prendere atto dei numeri e delle risorse che la manovra spending ci ha lasciato in eredità. Per quello che ci riguarda la spending review non è un orfanella ma deriva da scelte politiche ben precise il cui riverbero è ancora presente con i tagli previsti nella prossima legge finanziaria, che si inseriscono direttamente nella logica dei tagli lineari in perfetta continuità con quelli precedenti.
Quindi nulla di nuovo sotto il sole, il Governo reperisce le risorse solo tramite i tagli al sistema pubblico e il MIBACT continua a subire un ridimensionamento organizzativo i cui caratteri sono noti e danno la cifra del declino in cui sono avvolti i nostri cicli lavorativi. Quindi anche in questo esistono precise responsabilità politiche e non ci sono orfanelli.
Entrando nel merito dei provvedimenti presentati il Ministro ha difeso la scelta di ridimensionamento dei settori Archivi e Biblioteche, definendole una necessaria razionalizzazione, e ha giustificato sia la scelta di razionalizzare la linea dell’Archeologia, tramite la regionalizzazione delle sue strutture, che la decisione di mantenere sostanzialmente intatto, tranne l’accorpamento, il sistema delle nuove Soprintendenze miste in ambito interprovinciale che sembra in apparente contrasto con la scelta di regionalizzare Musei e Archeologia. Ha condiviso le nostre osservazioni sulla scarsità oggettiva di risorse a disposizione, ma in questo caso siamo al rinvio a tempi migliori.
Noi abbiamo svolto le seguenti osservazioni:
la riforma non è solo figlia della spending review ma corrisponde ad un disegno ambizioso che ridefinisce competenze e funzioni dell’apparato. Quindi si va verso un progetto di riorganizzazione complesso per il quale non vi sono risorse sufficienti e tale condizione inciderà pesantemente sulle stesse prospettive di funzionalità degli Uffici. Noi riteniamo invece che vada urgentemente avviata una fase di confronto sui processi riorganizzativi dei cicli lavorativi e che tale fase dovrà comportare investimenti occupazionali e di riqualificazione del personale interno.
Sugli altri punti:
situazione Archivi e Biblioteche: il taglio è di gran lunga maggiore rispetto alle percentuali della spending (16%) e comporta un oggettivo ridimensionamento di questi settori (48% di dirigenti in meno negli Archivi e 60% in meno nelle Biblioteche). Un taglio non accompagnato da un progetto organico che ridefinisca ruoli e funzioni di questi settori, che è esattamente e solo il prezzo che pagano alla redistribuzione degli incarichi dirigenziali. Non ci ha convinto il Ministro quando ha tirato fuori questa sorta di riequilibrio tra i Musei privi di dirigente e gli Archivi ridondanti: non è così, purtroppo. Il risultato è che Archivi prestigiosi e Archivi capoluogo perdono il dirigente. Non siamo d’accordo sia con la identificazione di strutture interregionali delle Soprintendenze Archivistiche che con l’accorpamento delle funzioni in alcune Regioni tra Soprintendente e Direttore dell’Archivio di Stato della città capoluogo. Il DPCM sembrava avere escluso questa ultima possibilità, in realtà la scelta è stato un mixer che a nostro avviso scontenta tutti. Per quanto riguarda le Biblioteche il pesante ridimensionamento è accompagnato da una identificazione dei Poli Bibliotecari amministrativi sul territorio regionale che ci paiono più che altro un modo per santificare i tagli e non certo un processo di riorganizzazione serio di un settore dove la perdita di dirigenza ha un effetto esiziale considerata l’importanza storica del patrimonio bibliografico conservato nelle Biblioteche statali e considerati i compiti di tutela che ad esso vengono assegnati. Solo sulla ritrovata autonomia tecnico-scientifica delle Biblioteche siamo d’accordo.
Archeologia: abbiamo espresso forte contrarietà alla regionalizzazione uniforme delle sue strutture, abbiamo rappresentato la necessità di fare una valutazione sulle specificità territoriali, ad esempio Sardegna, Campania e Lazio dove era del tutto opportuno mantenere l’attuale sistema di Soprintendenze.
Per quanto riguarda i Beni artistico-storici e paesaggistici abbiamo espresso forti perplessità sul mantenimento di alcune Soprintendenze la cui istituzione è il frutto di antichi accordi politici e di evidenti interferenze localistiche. Un esempio per tutti è Novara, Soprintendenza virtuale persino nella sede, visto che sta a Torino. Sul punto il Ministro ci ha detto che non ha ritenuto per il momento di intervenire nel settore e che si riserva ulteriori aggiustamenti nel medio periodo. Noi pensiamo invece che sarebbe opportuno, alla luce dei numeri ristretti, una riflessione immediata al fine di recuperare qualche dirigenza per i settori più penalizzati.
Per quel che concerne la costituzione dei Poli Museali abbiamo sollevato il problema delle aree archeologiche che contengono punti espositivi, richiamando la necessità in questi casi di non procedere a scorpori che sarebbero del tutto artificiali in relazione alla necessità di mantenimento di un progetto culturale coerente. Su questo punto il Ministro ha assicurato una valutazione congrua rispetto l’identificazione dei Musei che comporranno il Polo Regionale, con la salvaguardia di queste situazioni. Vedremo.
Musei autonomi: la regolamentazione della struttura delle nuove autonomie abbisognerà di uno specifico DM, noi abbiamo chiesto di valutare, poiché previsto dal DPCM, la possibilità di accorpare ai Musei autonomi altri Musei la cui offerta culturale è coerente con il progetto alla base dell’autonomizzazione dei 20 Musei. Anche su questo il Ministro ha risposto positivamente.
Abbiamo inoltre richiamato la necessità di concordare in sede di determinazione dei fabbisogni professionali un processo negoziale che individui a monte i criteri di assegnazione del personale alle nuove strutture e che demandi ad un tavolo regionale la concreta attuazione. In tale contesto è evidente la necessità, in riferimento alle sedi prescelte per i nuovi Uffici su cui comunque una valutazione è necessario fare, di mantenere le sedi distaccate degli Uffici che si vanno a costituire, sia per salvaguardare la funzionalità dei servizi sullo specifico territorio che per tutelare i lavoratori rispetto ad eventuali processi di mobilità territoriale.
L’altro aspetto é la revisione del fabbisogno professionale, noi abbiamo chiesto di rivedere la composizione degli organici per profilo in modo da creare spazi di crescita professionale ai lavoratori con riferimento alle mansioni tecniche e amministrative ad alta qualificazione, in modo da combattere il mansionismo diffuso e l’appiattimento professionale. Questo sia in riferimento alle aspettative di riqualificazione dei lavoratori idonei ai concorsi interni che per interrompere quel circolo vizioso dell’utilizzo dell’area di vigilanza come esercito di riserva per le altre professionalità, con il risultato di avere perenne carenza in questo settore come conseguenza di una sottovalutazione del fabbisogno professionale negli altri. Il Ministero potrà avere non molte chances di avviare massicci processi occupazionali nel medio periodo, perlomeno fintanto durerà il blocco del turn over, occorre investire in maniera massiccia sulle competenze interne, non certo mortificare i lavoratori con inquadramenti non retribuiti o nelle aspettative di carriera.
Una ulteriore problematica deriva dalla previsione contenuta nel DM di possibili accorpamenti di strutture diverse (Archivi, Biblioteche e Musei) ricadenti nello stesso Comune. In questo caso la spiegazione del Ministro è stata che tale norma deriva dalla necessità di creare, in riferimento a strutture che hanno rilevanza storica, artistica e architettonica, un polo culturale salvaguardando l’autonomia tecnico scientifica dei singoli Istituti. In questo caso siamo ancora nella indeterminatezza, un progetto culturale che coinvolga uffici diversi accomunati da caratteristiche comuni può anche avere riscontri positivi ma il passato ci insegna che conviene aspettare un progetto concreto prima di dare valutazioni.
Ancora: abbiamo molto da dire sulle nuove competenze assegnate alle Direzioni Generali, che presentano notevoli differenze con quelle precedenti, alcune proprio non le ritroviamo ed altre vengono rimodulate. Ma su questo ci riserviamo una ulteriore riflessione ed abbiamo comunicato al ministro che presenteremo un documento analitico con le nostre osservazioni su questo e su tutti gli altri aspetti che evidenziamo in questo comunicato.
Sui dirigenti e i criteri di nomina. 191 dirigenti complessivi sono un numero ridicolo in rapporto ai numeri che girano nelle pubbliche amministrazioni, il caso Sicilia, con 300 dirigenti nei beni culturali è un caso limite ma anche molti altri enti pubblici non scherzano. E sono insufficienti del tutto, come amaramente stiamo constatando.
Questo comporterà un aggravamento delle responsabilità dei funzionari, molti dei quali saranno chiamati a compiti di direzione e coordinamento. Abbiamo quasi unanimemente richiamato la necessità di rivedere i trattamenti economici, attualmente del tutto insufficienti in rapporto alle responsabilità, a maggior ragione dopo una riforma che elimina molti uffici dirigenziali. Il Ministro ha concordato sulla necessità di affrontare la questione.
Per quel che riguarda, invece, i criteri di nomina dei dirigenti abbiamo ritenuto certamente migliorativo del precedente lo schema di DM presentato, rappresentato la necessità che il Ministero si doti di strumenti seri di controllo di gestione e di valutazione dell’operato dirigenziale, rilevato criticamente la deroga alla percentuali degli incarichi fiduciari e comunque chiesto che nella selezione dei dirigenti vengano valorizzate quelle risorse interne qualificate con esperienza specifica nella gestione dei Musei e che si attinga alle graduatorie vigenti degli idonei dirigenti per coprire eventuali vacanze.
I tempi di attuazione: il Ministro ci ha comunicato che intende far partire la nuova organizzazione dal primo gennaio, questo significa procedere entro i primi di dicembre a nominare i direttori generali, successivamente si procederà alla nomina dei segretari regionali e poi partiranno gli interpelli per le dirigenze di seconda fascia e la selezione pubblica per la nomina dei direttori dei Musei autonomi. Quindi i tempi di completamento del processo si completeranno nei primi mesi dell’anno nuovo considerato che contestualmente, a partire dai prossimi giorni, inizierà il confronto sulla determinazione dei fabbisogni professionali con i tempi di approvazione del nuovo organico professionale entro l’anno e la successiva fase di confronto territoriale sulla assegnazione del personale nei nuovi Uffici.
Questo anche considerando che le dirigenze che andranno assegnate sono quelle che riguardano gli Uffici di nuova costituzione, circa l’ottanta per cento della struttura ministeriale.
Come potete constatare ci attende una fase complessa e delicata che viene vissuta con comprensibile preoccupazione dai lavoratori per la ricaduta sulle proprie condizioni personali e per la tenuta dei servizi. Per questo motivo è fondamentale costruire, tramite il confronto continuo, un sistema di garanzie per i lavoratori coinvolti nei processi di riorganizzazione e verso tale finalità saranno rivolti i nostri sforzi maggiori.
FP CGIL MIBACT
Claudio Meloni