Roma, 1 agosto 2013
Contrariamente a quanto annunciato da qualche giornale ieri il Consiglio dei Ministri non ha discusso la proposta di DPCM di riorganizzazione del Ministro Franceschini. Questo presuppone un rinvio della partita ed in qualche modo conferma le voci sui media che parlavano di uno stop alla riforma per un “approfondimento” su alcuni temi di particolare rilevanza, temi sui quali si moltiplicano le prese di posizione in difesa di un sistema efficiente di tutela del nostro patrimonio culturale.
Abbiamo già espresso, anche unitariamente, un articolato giudizio sulla riforma ed in particolare non ci convince questa idea di separazione artificiale tra i cicli di tutela e quelli di valorizzazione. Ci auguriamo che questa pausa serva invece a riflettere attentamente su scelte organizzative che possono produrre effetti deleteri su cicli produttivi già allo stremo per i noti problemi di carenze strutturali. Dal nostro punto di vista l’impianto proposto è suscettibile di molti cambiamenti e noi al riguardo, se ci sarà tempo e modo, avanzeremo alcune proposte, in relazione alla riorganizzazione dell’apparato periferico, che sommariamente indichiamo di seguito e sulle quali apriremo una discussione approfondita con i nostri interlocutori, ricomprendendo tra gli stessi anche il mondo politico-intellettuale che si sta muovendo con appelli e petizioni di denuncia:
– Segretariati Regionali: noi restiamo convinti che sia utile il mantenimento di un punto regionale di coordinamento, indirizzo e controllo. In particolare ci convince la rimodulazione dei compiti del Segretariato Generale e non comprendiamo per quale motivo tale modello non si sia replicato a livello regionale. Ovvero sottrazione di compiti di gestione diretta, in primis l’identificazione di una unica stazione appaltante sul territorio, articolazione di competenze di coordinamento sulle politiche dei servizi sul territorio, con riferimento alle materie concorrenti con le Regioni, attribuzione di compiti ispettivi e di controllo sulla capacità e qualità della spesa, in stretta connessione con il Segretariato Generale;
– Poli Museali Regionali: L’istituzione dei Poli regionali Museali rischia semplicemente di appesantire e complicare pesantemente i passaggi burocratici creando una sovrastruttura organizzativa inutile e ridondante rispetto all’organizzazione attuale (ad esempio ci domandiamo che senso hanno i Poli Museali territoriali in questo schema). Anche in questo caso non si comprende il perché questa funzione di coordinamento delle politiche di valorizzazione sul territorio non sia stata ricompresa all’interno dei Segretariati Regionali, anche prevedendo una specifica strutturazione organizzativa. E, in riferimento ad alcune dichiarazioni del Ministro Franceschini circa l’opportunità che questa separazione tra tutela e valorizzazione dà in termini di superamento di contrapposizioni meramente ideologiche, ci permettiamo di sottolineare che la scelta dei Poli Museali Regionali va esattamente nel senso di una scelta di contrapposizione ideologica;
– Autonomie: secondo noi andrebbe in primis verificata la funzionalità dell’attuale sistema delle autonomie, assolutamente mortificato da un modello organizzativo zoppo e di nessuna utilità ai fini di una reale autodeterminazione organizzativa. Per quello che riguarda l’istituzione dei musei autonomi, noi riteniamo assolutamente più semplice prevedere per alcuni di questi la funzione dirigenziale incardinata nell’assetto della Soprintendenza di cui sinora hanno fatto parte. Ci riferiamo ad esempio al Museo Nazionale Romano, che potrebbe rimanere benissimo una articolazione dirigenziale della SBAAR, attribuendo al dirigente del Museo competenze specifiche in tema di politiche di valorizzazione. Invece può essere positiva la scelta organizzativa fatta in altri siti, ad esempio Caserta, ma in questi casi la previsione dell’autonomia deve essere accompagnata da progetti riorganizzativi specifici che ne consentano la fattibilità concreta (come peraltro sembra avvenire per Caserta con la previsione della riorganizzazione logistica del complesso della Reggia);
– Soprintendenze: noi pensiamo si debba rivedere la scelta strategica di accorpamento tra le artistico-storiche e le architettoniche sulla base di un principio funzionale, ovvero legando la scelta organizzativa di accorpare o meno alle specificità del territorio su cui incidono, ove esistenti, le Soprintendenze divise. Riteniamo altresì che tutte le dirigenze periferiche debbano diventare centri di costo. Questo perché è del tutto fuori schema, dal punto di vista della responsabilità dirigenziale, questa sottrazione di poteri in materia di spesa. Ed anche perché, attribuendo al Segretariato Regionale compiti specifici di controllo sulla spesa, si ripristinerebbe il sano principio della differenza di ruolo tra chi fa gestione e chi fa controllo e si determinerebbero criteri congrui di valutazione dell’operato dirigenziale. Per quanto riguarda i processi di revisione delle determinazioni dirigenziali sui procedimenti di tutela noi condividiamo le forti preoccupazioni degli addetti ai lavori circa gli effetti di sterilizzazione che tale procedura può produrre su funzioni delicatissime. Questo in riferimento agli intrecci di interessi, spesso poco chiari, che vogliono determinare un depotenziamento delle attività di tutela, in particolare nel settore dei vincoli e della tutela del paesaggio. Noi pensiamo invece che andrebbero sburocratizzate le procedure, dando certezza ai tempi di risposta ai cittadini ed agli enti pubblici interessati. E che questo riguarda piuttosto una revisione organizzativa tramite un progetto di semplificazione normativa e di implementazione di risorse tecnologiche e umane, non certo un progetto di mero ed interessato contrasto del presunto strapotere dei Soprintendenti;
– Archivi e Biblioteche: in questo caso siamo all’anno zero o sottozero. Questi settori hanno bisogno di piani di riorganizzazione urgente sia per quel che riguarda i cicli di ricerca e di tutela che per la rimodulazione dell’offerte dei servizi ai cittadini. Dalla riforma proviene invece un forte ridimensionamento che addirittura elimina di fatto, insieme all’ICAR, anche le Soprintendenze Archivistiche e che riduce al lumicino le dirigenze previste per le Biblioteche. Si accentuano così i fattori di declino di servizi essenziali, già destrutturati da carenze logistiche, di risorse umane, dai tagli ai processi di implementazione tecnologica come ad esempio la digitalizzazione e la creazione di banche dati uniformi ed accessibili. Quindi andrebbe avviato un confronto specifico su veri e propri piani di riorganizzazione.
– Legge delega sulla riforma PA: agli addetti ai lavori che stanno producendo discussioni ed appelli appassionati consigliamo di verificare i principi di riordino generali dell’apparato periferico statale contenuti nella legge delega appena presentata dal Governo, ovvero una visione uniforme con un modello quasi esclusivamente tarato su base regionale tramite la confluenza di tutti gli uffici territoriali statali negli UTS diretti dal Prefetto. Questo per una corretta valutazione dei rischi provenienti da un modello che nulla ha a che vedere con la distribuzione territoriale che caratterizza il MIBACT e che produrrebbe sfracelli ancora peggiori del peggio che si immagina. Quindi va attivato uno sforzo serio di modifica dell’attuale progetto di riforma che sia in grado di confrontarsi efficacemente con scelte che avrebbero effetti esiziali sulle nostre organizzazioni;
– Infine ribadiamo: un processo occupazionale straordinario che programmi correttamente il turn over nei prossimi anni, che riconosca i veri fabbisogni professionali, che elimini il vincolo dei 40 anni dalla possibilità di assunzione, sia pure a tempo determinato, dei professionisti della cultura, che riconosca le aspettative di miglioramento professionale dei dipendenti interni e reniternalizzi attività e lavoratori adesso in capo alla società dei servizi, il cui costo del lavoro è assolutamente sproporzionato rispetto a quello prodotto dall’occupazione nei ruoli del ministero.
Ci permettiamo di sottoporre queste brevi riflessioni propositive ad una riflessione più generale sui processi di riforma del Ministero e su questa base, che ricomprende una visione unitaria con CISL e UIL del processo, chiederemo di riaprire il confronto con la controparte politica. Avvisando che noi non siamo certo disponibili ad assistere inermi alla destrutturazione dei processi di tutela del nostro patrimonio e che su questo tema fondamentale avvieremo la nostra campagna autunnale che sarà tarata sulle scelta concrete che il Governo farà.
FP CGIL MIBAC
Claudio Meloni