L’incontro di oggi, 11 ottobre, nella sede della Cgil nazionale a Roma su “La situazione nell’Europa dell’Est e il caso Ungheria” ha messo a confronto – anche con testimonianze dirette – due Europe che procedono a velocità diversa, con tutti i problemi che questo si porta dietro. Dumping sociale prima di tutto, ma anche risposte alle pressioni della crisi internazionale talora divaricanti sia sul piano politico sia su quello economico e sociale.
Parliamo di due realtà che si fondano su basi assai differenti: una solida tradizione la prima – anche se oggi traballante e in via di ridimensionamento – e, la seconda, una rivoluzione delle strutture politiche, sociali ed economiche che deve ancora consolidarsi e assumere una fisionomia definitiva.
Emblematico da questo punto di vista il caso dell’Ungheria, che conosce oggi una stagione di grande difficoltà dopo il boom economico del passato decennio. Il governo è sotto osservazione da parte dell’Ue per le sue tendenze autoritarie, la società si va sempre più polarizzando, mentre il mondo sindacale debole e frammentato non riesce a incidere sulla realtà del paese.
La risposta a questo stato di cose diventa allora individuale, con la tendenza – ben evidenziata dal giornalista Massimo Congiu, che vive da molti anni a Budapest – ad accettare un sistema dirigista pur di ottenere (o meglio sognare) il vecchio sistema di garanzie.
Budapest è il cuore dell’Europa, ha ricordato Fausto Durante, responsabile del segretariato Europa della Cgil. Non stiamo parlando di un altro mondo. Il rischio è che quello ungherese sia il modello di Unione europea a cui andiamo incontro, una specie di pensiero unico che vede nel neoliberismo la “chiave per risolvere i problemi del mondo”. Il welfare? È un lusso. Il mercato del lavoro totalmente deregolamentato? Se va bene per l’Est Europa perché non dovrebbe andar bene anche per il resto del continente?
E difatti – osserva Durante – la strategia della Commissione europea punta a ridimensionare il potere dei sindacati in quanto ostacoli allo smantellamento del welfare e del dialogo sociale per riacquistare margini di competitività.
“L’Europa – ha concluso il responsabile del segretariato Europa – è stata un sogno. Un sogno di equità e di riduzione delle disuguaglianze. Oggi siamo a un ribaltamento di quella prospettiva. Si tratta allora di costruire un’idea di società e di Europa diversa, che si ispiri a quei valori originari e sappia renderli attuali”. Un cammino che si preannuncia lungo e difficile.
di Carlo Gnetti ” Se l’Est diventa laboratorio del neoliberismo” , Rassegna.it