ILLEGITTIMITA’ RITENUTA PREVIDENZIALE TFR DEL 2,5 %.

28 Ottobre 2012

 
 

ILLEGITTIMITA’ RITENUTA PREVIDENZIALE TFR DEL 2,5 %.

 
 
 

Con un appunto del 27 febbraio 2012, la FP CGIL VVF ha da tempo affrontato le problematiche relative alla trattenuta previdenziale del 2,5%, applicata a carico del personale come disposto dall’art. 37 del D.P.R. n. 1032/1973, con l’intenzione di fornire un chiarimento alle lavoratrici ed ai lavoratori rispetto alle informazioni, parziali e inesatte, che venivano utilizzate come mero strumento di propaganda.
 
Fermo restando le convinzioni già espresse, peraltro comprovate dagli eventi ancora in corso, sul fatto che non debbano essere i singoli lavoratori ad assumersi la responsabilità di avviare eventuali contenziosi, gli ultimi provvedimenti adottati al riguardo dal Governo Monti rendono opportuna un’ulteriore precisazione per sfatare ogni dubbio sugli sviluppi della situazione.
 
Come noto, il D.L. n. 78/2010 – convertito in Legge n. 122/2010 – ha stabilito che il computo dei trattamenti di fine servizio per i lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, a decorrere da gennaio 2011, viene effettuato con l’applicazione di un’aliquota del 6,91% sull’intera retribuzione, secondo la disciplina di cui all’art. 2120 del codice civile.
 
In sostanza, tale disposizione ha sancito, per il personale in regime di TFS, l’applicazione del sistema in vigore relativo al trattamento di fine rapporto (TFR), prevedendo esclusivamente a carico del datore di lavoro il versamento degli oneri dovuti.
 
Diversamente, dal 1 gennaio 2011, le Pubbliche Amministrazioni hanno continuato a prelevare la quota di rivalsa del 2,50% sulle retribuzione dei lavoratori.
 
Sul ricorso presentato da alcuni magistrati calabresi, nel ritenere che la sovrapposizione  tra la normativa previgente e quella intervenuta potesse essere risolto direttamente in via interpretativa,  con  sentenza  n.53 del 18.01.2012, il TAR Calabria si è espresso dichiarando illegittimo il prelievo del 2,50% e la conseguente condanna dell’Amministrazione alla restituzione di quanto indebitamente trattenuto, senza richiedere l’intervento della Corte Costituzionale.
 
Successivamente, il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, a seguito della richiesta di un magistrato assegnato alla sede di Perugia che chiede l’accertamento del proprio diritto al trattamento retributivo nella sua interezza, previa rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale, sospende il giudizio in corso e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
 
Con la sentenza 08.10.2012, n.223, che ha effetto ERGA OMNES, ossia per tutti i dipendenti pubblici e non soltanto nei confronti dei partecipanti al ricorso al T.A.R.,la Corte Costituzionale pone fine al contenzioso e dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.12, comma 10, del D.L. n.78/2010, nella parte in cui non esclude l’applicazione, a carico del dipendente, della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’art.37, comma 1, del D.P.R. n.1032/1973.
 
Infine, nel Consiglio dei Ministri n.51 del 26/10/2012, per correre ai ripari e gestire gli effetti della richiamata sentenza, il Governo “tecnico” ha poi approvato un decreto legge che ripristina la disciplina del trattamento di fine servizio nei riguardi del personale interessato dalla pronuncia, smentendo clamorosamente un altro “illustre tecnico”, l’ex Ministro Tremonti, il quale precedentemente aveva modificato le modalità di calcolo della buonuscita, penalizzando ancora una volta le retribuzioni dei dipendenti pubblici.

La soluzione escogitata dal governo Monti considera la restituzione di quanto è stato tolto al personale da gennaio 2011 a oggi, pertanto le liquidazioni saranno calcolate come se quel taglio non fosse mai avvenuto, nella speranza di non dover assistere all’ennesimo taglio lineare sulle spese delle pubbliche amministrazioni per coprire l’aggravio per il bilancio dello Stato, stimato in circa 3,8 miliardi di euro.
 
In conclusione, i fatti dimostrano, oggi,  quante ragioni aveva La FP CGIL nell’esprimere tutta la propria contrarietà all’operazione sul trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, avviando una serie di iniziative per l’abrogazione dello stesso, rispetto a chi ha tentato, strumentalmente, di delegare ai singoli lavoratori l’incombenza di far fronte alle devastanti conseguenze derivanti dalla politica dei tagli indiscriminati perseguita dai Governi succedutisi alla guida del Paese.
 
Restiamo in attesa del testo definitivo, approvato dal Consiglio dei Ministri, per informare tutto il personale sui possibili risvolti futuri della vicenda.


Mario Mozzetta

 
 
 

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