Roma, 7 maggio 2012
Prendendo in esame quanto si è verificato negli ultimi anni, si possono identificare due strade maestre, l’una di carattere più generale, l’altra di più stretto interesse per il mondo sindacale e quindi per i lavoratori che rappresentiamo, che certamente non portano a considerazioni rassicuranti.
La crisi economica, che molti sembravano sottovalutare o peggio minimizzare, ha invece via via confermato la propria imponenza, non solo non riducendo la propria azione devastante, ma smentendo talune previsioni del settore dell’economia che, già nel corso del 2011, la davano avviata alla fase conclusiva.
In realtà oggi, dopo circa tre anni di difficoltà economiche, normative e contrattuali si è entrati nel pieno di una crisi economica che ha fotografato l’Italia come uno dei Paesi più esposti della comunità europea.
In tale contesto, partendo dalla necessità, per noi condivisibile, di ridurre la spesa pubblica “moralizzandola”, a partire dal 2008 si è invece scatenato il più aggressivo e strumentale attacco a tutto ciò che è pubblico, con il reale intento in realtà di ridurre drasticamente la risorsa umana di tale settore che conta circa tre milioni e mezzo di dipendenti.
Si è deciso, in sede politica, di bloccare il rinnovo dei CCNL del pubblico impiego al 2009, di aggredire e ridurre gli importi di tutti i salari accessori costruiti tra le parti durante un periodo di circa venti anni, di ridurre vistosamente un sistema di relazioni industriali che ha assicurato per tanto tempo non solo la pace sociale sui posti di lavoro, ma soprattutto ha garantito, grazie ad appositi accordi, una rete di servizi agli utenti esterni che ha indubbiamente costituito per tantissimi anni il complessivo sistema di welfare italiano, cui ha partecipato anche ENAC.
Ciascuna delle funzioni pubbliche ha assicurato un presidio di legalità e sicurezza sul quale cittadini ed utenti erano e sono abituati a contare e che non può essere garantito con altrettanta certezza da un qualsiasi sistema di natura privata, per il semplice fatto che il pubblico presidio deve garantire criteri e metodologie stabilite da norme con carattere vincolante.
Nel giro degli ultimi tre anni, a fronte di ciò, non appena bloccati i rinnovi dei CCNL, è seguito, con il decreto n. 78, il blocco dei contratti integrativi, il definitivo blocco delle assunzioni ed un ulteriore inasprimento della normativa previdenziale e pensionistica.
Sono stati sospesi o fortemente ridotti i trasferimenti economici che lo Stato assicurava a una serie di funzioni pubbliche e di fatto si è proceduto a colpi di decretazione per normare l’esistenza in vita di strutture pubbliche o la soppressione di alcune, e l’inaugurazione di altre, ovvero la trasformazione di tutte, senza controllare se tutto ciò rispondesse ad una esigenza o ad un interesse pubblico e sociale, quanto piuttosto alla mera riduzione della spesa.
Questo fenomeno di radicale cambiamento piuttosto che portare ad una brusca ma salutare ventata innovativa ha più o meno determinato cambiamenti devastanti.
Nessuna amministrazione, segnatamente anche l’ENAC, è più stata in grado di assicurare il normale ricambio delle proprie risorse umane per effetto del blocco del turn over.
Anche all’ENAC, se pur si fossero voluti implementare i servizi di regolazione e sicurezza del volo, con il blocco e la riduzione dei trasferimenti da Stato e della riduzione dl salario accessorio, è mancata la risorsa e lo strumento per incentivare la riorganizzazione dei summenzionati servizi.
Nello specifico, la legge 27/12 sulle cosiddette liberalizzazioni, la costituzione di una authority dei trasporti che si occuperà, come stabilito in sede di conversione in legge, anche del settore aereo, forse prefigura una duplicazione posto che di ciò si occupava ENAC, con personale e competenze già avviate. Forse tale duplicazione magari porta ad uno spreco di denaro e professionalità.
Il risultato ci sembra rischi di portare al depotenziamento dell’ENAC stesso, all’insorgenza di un’alternativa frammentaria che forse penalizza piuttosto che migliorare le ragioni della sicurezza.
Infine con l’emanazione della legge n. 150 è stato perentoriamente interrotto il dialogo negoziale tra le parti, riconsegnando nelle mani delle amministrazioni il governo dei principali temi prima regolamentati dai contratti.
E’ stato così che temi quali l’organizzazione del lavoro, la valutazione, la formazione, il sistema delle relazioni industriali sono stati riconsegnati quale competenza esclusiva, in questo caso dell’ENAC, senza l’indicazione di specifiche istruzioni che consentissero la messa a punto di un’idonea linea di rotta.
Nel caso specifico, prescrizioni normative, come quella finalizzata all’ennesima riduzione del 10% delle spese complessive per il personale da effettuare al 31 marzo 2012, si ignora se rispondano o meno a migliorare le esigenze minime di sicurezza del volo, certamente però impediscono l’assunzione di personale idoneo in tale campo.
Non ci sembra comunque che aver sottratto, grazie alla L.150, al campo negoziale l’organizzazione del lavoro, abbia assicurato anche ai vertici ENAC una maggiore libertà e flessibilità organizzativa.
Ora, a conclusione di questa breve, complessiva, analisi dell’esistente, vorremmo restare al tema della convention azzardando qualche proposta e qualche considerazione.
Innanzitutto ci sembra che in tema di regolazione e garanzia della sicurezza nel campo del volo, pur forse con qualche disallineamento specifico, l’ENAC sia stato entro i parametri dell’economicità di gestione e spesa per quanto riguarda i dipendenti, la cosiddetta risorsa umana, se è vero come è vero che con molto meno di mille unità sono presidiati oltre trenta aeroporti, fermo restando le unità dedicate alla sede centrale.
Ci piacerebbe che l’Ente avanzasse al Governo e ai ministeri vigilanti una richiesta di nuove assunzioni, corredandola con un piano strategico che riteniamo gli competa; è questa infatti secondo noi l’ organizzazione del lavoro che realmente attiene alla massima dirigenza dell’ENAC, e non piuttosto un silenzioso atto di obbedienza alle prescrizioni normative, salvo poi eventualmente aggirarle con l’esternalizzazione parziale delle proprie funzioni affidandole a società o consulenze esterne.
Per noi questa non sarebbe riduzione della spesa pubblica, ma diversificazione della stessa.
Tra l’altro un eventuale investimento economico esterno sottrarrebbe materia ed humus per la cosiddetta valorizzazione della risorsa umana.
Quanto poi tutto ciò possa rispondere al perseguimento di una migliorata efficienza organizzativa ci sembra di dubbia fondatezza. Infatti in questi ultimi tre anni abbiamo assistito, sui tavoli negoziali, alla rivendicazione unilaterale delle amministrazioni, ENAC compresa, nel campo della gestione organizzativa del personale.
Abbiamo visto come all’ENAC ad ogni richiesta di negoziare e condividere temi organizzativi da parte sindacale, si sia spesso replicato essere tale tema di esclusiva competenza dell’Amministrazione.
In concreto non proponiamo all’ENAC di ignorare la normativa, quanto piuttosto di tenere conto dei contratti e di procedere ad una sostanziale sospensiva nell’attuazione di leggi come la 150, per effetto del confronto che in proposito si sta tenendo tra il Ministro Patroni Griffi e le organizzazioni sindacali e che già il giorno 3 maggio ha dato un primo risultato con la redazione di un’ipotesi di intesa tra il ministro stesso e le parti sociali che ipotizza tra l’altro la ripresa del confronto tra le parti, guardando nuovamente al valore dei contratti, superando i contenuti meno qualificanti della L. 150.
Per quanto ci riguarda in tale prospettiva siamo disponibili a condividere, assieme ai dipendenti che rappresentiamo, scelte anche difficili e complesse se l’amministrazione fosse disponibile a tale percorso e ne volesse dare una concreta e visibile attuazione.
In conclusione avanziamo all’amministrazione in questa convention una domanda che per noi come stakeholders degli utenti interni, detto in breve come organizzazioni sindacali aziendali, è fondamentale e riassume tutte le precedenti:
in questo quadro dato, la dirigenza ENAC pensa che, cambiando quadro di riferimento istituzionale o la propria natura giuridica, le sorti dell’Ente, dei servizi da assicurare e del personale impiegato possano cambiare e migliorare o, piuttosto, che ripensando le proprie strategie e quindi scegliendo un percorso da condividere con le OO.SS. e con i propri dipendenti si possano individuare obiettivi e conseguenti richieste da rivolgere al quadro istituzionale e che siano in grado di migliorare la funzionalità dell’Ente, la pubblicità dei suoi servizi e il consolidamento dei posti di lavoro?
p. FP CGIL naz.le
Funzioni centrali
D. Nola