documento inviato alla Commissione Giustizia di Camera e Senato
Non si ha memoria, nella storia repubblicana, di un periodo più nero per il sistema penitenziario.
Gli ultimi anni hanno oscurato persino il travagliato scorcio del dopoguerra, quando almeno gli episodi critici e cruenti erano accompagnati da una forte volontà di rinascita.
La tragedia attuale sconta invece una evidente schizofrenia: alla criticità della situazione fanno da controcanto le dichiarazioni dei responsabili dell’Amministrazione, a partire dal Ministro, che descrivono una ripresa delle iniziative che nessuno degli addetti ai lavori riesce seriamente ad intravedere. E così si susseguono le dichiarazioni sullo stato di emergenza che lasciano il tempo che trovano, le enunciazioni di buoni propositi conseguenti agli annunci sugli effetti miracolistici che avrebbe dovuto avere la legge sulla detenzione domiciliare per l’ultimo anno di pena.
La realtà è molto diversa: la legge 199 ha fino ad ora prodotto la scarcerazione di appena qualche centinaio di detenuti e non è servita a frenare il crescente sovraffollamento, siamo infatti alla soglia dei 68.000 detenuti; la stessa norma vincola l’assunzione dei promessi duemila agenti, che nel frattempo sono diventati 1800, alla compatibilità con le disponibilità di cui alla legge finanziaria 2010. Il provvedimento inoltre grava sul lavoro degli educatori e degli assistenti sociali la cui carenza di organico è nota, e per i quali non è previsto alcun incremento. Il blocco del turn-over stabilito dalla finanziaria non potrà che aggravare questa situazione.
Negli istituti sono stati preannunciati ulteriori tagli sui capitoli che garantivano, con il lavoro domestico dei detenuti, le condizioni igieniche e di decoro.
Il tanto strombazzato piano-carceri, che essenzialmente si fondava sulla creazione di nuovi posti detentivi con l’ampliamento dei reparti di alcuni istituti, non si sa che fine abbia fatto. Si sa della ristrutturazione solo di alcuni reparti, mentre proseguono le inchieste giudiziarie sulla legittimità di appalti affidati con procedure anomale alle cricche di vario genere.
La situazione del personale che a vario titolo opera nelle carceri risulta sempre più avvilente e mortificante. I Dirigenti Penitenziari e di servizio sociale, responsabili delle strutture e dei servizi, non sono mai stati ascoltati e protestano per essere stati abbandonati in una situazione confusa e senza-diritti, con uno statuto professionale che, a seconda delle convenienze, viene assimilato a quella degli omologhi della Polizia di stato o a quella dei dirigenti ministeriali.
Pari comportamento di indifferenza è stato mostrato dall’Amministrazione verso il personale che opera nelle carceri, anche a causa di un Contratto integrativo firmato dalla minoranza delle OO.SS che disprezza e svilisce la professionalità dei lavoratori.
E’ chiaro che in tali condizioni le dichiarazioni autocelebrative del Ministro Alfano e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria sono pura propaganda e risultano offensive per chi presta la propria attività istituzionale nel mondo carcerario espletando il mandato della Carta Costituzionale.
E’ arrivato il momento di smascherare questa politica vuota che ha perso di vista le finalità rieducative della pena di cui all’art. 27 della Costituzione e di denunciare il dramma che quotidianamente si consuma nelle carceri italiane.
La FPCGIL si farà promotrice di azioni dimostrative e momenti di incontro che culmineranno in una proposta volta a migliorare le condizioni di lavoro del personale e le condizioni di vita dei detenuti.
Roma, 7 febbraio 2011
FP CGIL NAZIONALE
COMPARTO FUNZIONI CENTRALI
MINISTERO GIUSTIZIA
Antonio Crispi