FP CGIL MINISTERO AMBIENTE
E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI DIRE NO
Lo scenario aperto dalla crisi economico finanziaria del terzo millennio è allarmante. L’arretramento delle condizioni di vita dei lavoratori è un dato inconfutabile così come la loro costante precarizzazione. Quel che sta accadendo non può essere indorato con pillole di falso ottimismo: al crollo della finanza creativa, dei titoli tossici, della speculazione facile e redditizia seguono migliaia di licenziamenti, il ricorso massiccio alla cassa integrazione, la riduzione drastica dei salari e degli stipendi. Le misure compassionevoli adottate da questo governo e, al contempo, l’attacco congiunto del governo e del padronato al lavoro subordinato ci parlano di un’offensiva contro il mondo del lavoro, combattuta senza esclusione di colpi e sostenuta dalla volontà di intensificare la pressione autoritaria dello Stato e dell’impresa.
Le misure varate in poco meno di un anno, nel quasi assoluto silenzio dei mezzi d’informazione, vanno dalla cancellazione dell’obbligo di notificare preventivamente l’assunzione, al ridimensionamento delle competenze del giudice del lavoro; dall’abrogazione della procedura tesa a impedire la firma delle dimissioni in bianco, alla reintroduzione del lavoro a chiamata, passando per l’ampliamento a dismisura della durata dei contratti a termine, l’abolizione della durata minima del contratto di apprendistato e la riduzione delle tutele in tema di sicurezza sul lavoro.
Sul fronte del salario, il fisco preleva 8 miliardi in più dalle tasche dei lavoratori dipendenti, (l’evasione fiscale da imprese e lavoro autonomo si aggira intorno ai 100 miliardi di euro), si taglia il FUA, si decurtano salario accessorio e trattamento di malattia.
Quanto ai contratti, l’accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali, sottoscritto dalle accomodanti sigle sindacali CISL–UIL–UGL-CONFSAL in nome “dello sviluppo economico, della crescita occupazionale e dell’aumento della produttività”, ha smantellato il contratto nazionale e gettato in soffitta la contrattazione collettiva.
Il contratto collettivo nazionale avrà l’unica funzione di adeguare i salari non all’inflazione vera, ma a un indice previsionale, l’IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia), depurato dagli aumenti dei costi energetici e delle materie prime. In altri termini l’unica cosa che si programma è la discesa costante e continua delle nostre retribuzioni.
Le bugie che governo, giornali, sindacati firmatari ci propinano a piene mani, sostenendo che tale accordo stabilisce un modello contrattuale comune sia per il settore privato sia per quello pubblico, non corrisponde a realtà. L’unico dato valido per entrambi i settori è la durata triennale dei contratti.
Per il resto, sono stati introdotti strumenti peggiorativi nel lavoro pubblico che rappresentano delle vere e proprie gabbie:
* nel settore pubblico l’IPCA, ossia la percentuale di riferimento per gli aumenti contrattuali, è stabilito dal Ministro dell’Economia, mentre per gli altri settori è demandato a un soggetto terzo, non meglio identificato;
* nel settore pubblico l’IPCA sarà applicato esclusivamente alle voci di carattere stipendiale, cioè stipendio base e Indennità Integrativa Speciale, mentre per gli altri settori sarà definito dai soggetti contrattuali con specifici accordi. SONO ESCLUSI: TUTTO IL SALARIO ACCESSORIO (INDENNITA’ DI AMMINISTRAZIONE, PRODUTTIVITA’, STRAORDINARIO), gli ASSEGNI PERSONALI e la R.I.A, queste ultime due voci compongono la retribuzione di base, insieme allo stipendio e all’I.I.S.
Facendo un po’ di conti e considerando che la retribuzione media è costituita per il 70% dalla retribuzione di base e per il restante 30% dalla retribuzione accessoria, con il nuovo modello contrattuale AVREMO UNA PERDITA PARI AL 30% del nuovo valore di incremento previsto. Inoltre, vale la pena ricordare che in passato i rinnovi contrattuali hanno registrato incrementi retributivi dello stipendio tabellare superiori al 6,10% con quote destinate a incrementare le indennità di amministrazione e i fondi per la contrattazione integrativa. L’ultimo accordo del comparto ministeri per il biennio 2008/2009 sottoscritto da CISL/UIL/CONFSAL stabilisce un misero 3,2%;
* nel settore pubblico il recupero degli eventuali scostamenti tra l’inflazione prevista e quella “effettivamente osservata” è previsto alla scadenza del triennio contrattuale, mentre per gli altri settori entro la vigenza di ciascun contratto. In soldoni, l’indice per noi sarà “mantenuto invariato per il triennio di programmazione”;
* nel settore pubblico tale recupero dovrà tenere conto “dei reali andamenti delle retribuzioni di fatto dell’intero settore”. Il che significa che NON LO AVREMO MAI, perché sarà sufficiente dimostrare che le retribuzioni di fatto (rapporto fra spesa per retribuzioni nella P.A. e unità di personale) sono aumentate più dell’indice previsionale, per via di una riduzione di personale o di incrementi sopra la media, come è già successo in passato in alcuni comparti e in settori non contrattualizzati (magistrati, diplomatici, forze armate e polizia, etc.);
* nel settore pubblico gli aumenti contrattuali così come il recupero del differenziale inflattivo dovranno tener conto dei vincoli di finanza pubblica. Stesso discorso per la contrattazione di secondo livello.
Solo sindacati subalterni alla controparte potevano accettare di entrare in una gabbia del genere.
E’ urgente e necessario che i lavoratori si esprimano democraticamente sull’accordo del comparto ministeri e sull’accordo quadro di riforma del modello contrattuale. La ratifica referendaria degli accordi da parte dei lavoratori interessati è indispensabile per garantire la democrazia diretta nei luoghi di lavoro,contro l’arroganza di chi non solo rifiuta di indire il Referendum ma firma i contratti mentre è in corso la consultazione tra i lavoratori .
PARTECIPA ALL’ASSEMBLEA INDETTA IL 6 FEBBRAIO DALLA CGIL DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE ALLE ORE 11 ALL’AUDITORIUM
PARTECIPA AL REFERENDUM potrai votare il 6 il 9 e il 10 FEBBRAIO
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