Agenzia delle Entrate – Rapporto di lavoro a tempo parziale – Disciplina transitoria- Parere del comitato pari opprtunità

18 Luglio 2011

Rapporto di lavoro a tempo parziale – Disciplina transitoria- Parere del comitato pari opprtunità

Roma, 27 maggio 2011

Al Direttore Centrale del Personale
dott. Girolamo Pastorello

All’Ufficio Relazioni sindacali

e p.c. Ai Comitati Pari opportunità Regionali

 
 

Prot. n. 2011/9-U

OGGETTO: Rapporto di lavoro a tempo parziale – disciplina transitoria

Com’è noto, l’art. 73 del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, ha modificato le disposizioni che disciplinano il part time, eliminando l’automatismo contenuto nella normativa precedente a favore della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in contratto a tempo parziale. In particolare, il novellato art. 1 comma 58 della L. n. 662/96, nella vigente formulazione, consente all’Amministrazione di concedere “la trasformazione” del rapporto di lavoro, da tempo pieno a tempo parziale, pronunciandosi “entro sessanta giorni dalla domanda nella quale è indicata l’eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere”. La norma richiama espressamente la sola ipotesi in cui la modifica contrattuale tragga origine da esigenze di carattere lavorativo del dipendente, ma non contiene alcun riferimento alla diversa ipotesi in cui l’istanza di part time sia motivata da ragioni personali e di cura dei familiari. La disposizione successiva preclude l’invocata trasformazione, “nel caso in cui l’attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero nel caso in cui la trasformazione comporti in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa”.
Per quel che concerne i rapporti in essere, l’art. 16 della legge n. 183 del 2010, recante la disciplina del periodo transitorio, dispone che le Pubbliche Amministrazioni, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della novella legislativa, “nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti …… già adottati prima dell’entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008”. La norma, dunque, lungi dal prevedere la revoca automatica dei rapporti di part time già in essere, ne dispone soltanto una nuova valutazione, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, alla luce dei criteri indicati dalle recenti disposizioni: eventuale conflitto di interessi, mansioni e posizione organizzativa ricoperta dal dipendente. Il carattere derogatorio della stessa ne impone, peraltro, la stretta interpretazione, atteso che, trattandosi di part time già in essere, la trasformazione del rapporto opera in senso opposto ed incide su assetti contrattuali definiti.
Con nota n. 62796 del 20 aprile 2011, codesta Direzione centrale, nel fornire “criteri applicativi per il riesame dei vecchi part time e la concessione dei nuovi”, al fine di ottemperare alle citate disposizioni, ha individuando alcune fattispecie, in presenza delle quali, il pregiudizio derivante dalla trasformazione del rapporto di lavoro deve ritenersi per così dire “presunto”, con conseguente necessità di motivare l’accoglimento dell’istanza e non il rigetto della stessa.
Fra le ipotesi di part time con pregiudizio per così dire “presunto”, codesta Direzione comprende quella consistente nel part time orizzontale, con prestazione lavorativa inferiore al 50% per più di un mese. Come precisato nella stessa nota, in tale fattispecie, come regola generale e salvo eccezioni debitamente motivate, “il part-time non potrà avere più corso”.
Ciò posto, questo Comitato, nell’ambito delle proprie prerogative (art 7 CCNL vigente, comma 1, lettere B e C, comma 3) osserva che, dai dati forniti dall’Amministrazione ai fini della relazione di cui all’art. 7 del CCNL, emerge che oltre l’ottanta per cento del personale con part time superiore al 50 % è costituito da dipendenti di genere femminile: su 2377 , 318 sono uomini e 2059 donne.
Tale constatazione induce a ritenere che, presumibilmente, le motivazioni che hanno indotto le lavoratrici ad optare per il rapporto di lavoro a tempo parziale, in molti casi non siano riconducibili ad esigenze lavorative esterne, ma piuttosto ad esigenze di cura dei figli e dei familiari, atteso che la maggior responsabilità in tale ambito, per ragioni di carattere storico e sociologico, ricade notoriamente sulle donne sia per quel che concerne la cura dei figli – non solo in età pre-scolare – che per quel che riguarda l’assistenza agli anziani.
Ne deriva che l’applicazione della normativa in argomento, così come interpretata nella nota richiamata, pur se apparentemente neutra, alla luce del dato statistico sopra evidenziato può costituire una forma di discriminazione indiretta a danno del personale femminile, in contrasto, in quanto tale, con le norme nazionali e comunitarie che vietano ogni forma di discriminazione diretta ed indiretta.

Al riguardo lo Scrivente osserva, altresì, che il tenore letterale delle disposizioni in parola, sembra deporre per un’interpretazione che colleghi i criteri di maggiore rigidità recentemente introdotti, alle sole ipotesi in cui la scelta del part time sia riconducibile ad esigenze di lavoro esterno all’Amministrazione; non anche ai casi in cui la richiesta sia motivata da esigenze personali e di cura dei familiari, atteso che, come sopra rilevato, la norma richiama espressamente soltanto le ipotesi di richieste motivate da ragioni di lavoro. Si potrebbe ritenere, dunque, ragionando a contrario, che le recenti limitazioni possano trovare applicazione soltanto in relazione a queste ultime, non anche in ordine alla diversa ipotesi in cui le ragioni poste a fondamento della domanda siano di tipo personale e familiare. In tali casi, pertanto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, dovrebbero trovare applicazione le disposizioni che tutelano la volontà del dipendente nei confronti del datore di lavoro (D.lgs. n. 61/2000).
Ed invero, le considerazioni che precedono depongono per un’applicazione dell’istituto che tenga conto dei principi nazionali e comunitari posti a tutela delle pari opportunità e del part time, per il futuro e, soprattutto, per il pregresso, con riguardo ai rapporti in essere. In proposito richiama: la legge 11 agosto 1991 n. 266, la Direttiva sulle Pari Opportunità del maggio 2007, il D.lgs. n.5/2010; nonché la Direttiva n. 97/81/ CEE, che tutela ed incentiva espressamente il lavoro a tempo parziale vietando ogni forma di discriminazione ed attribuisce, al fine di promuoverne la diffusione,” importanza alle misure che facilitino l’accesso al tempo parziale per uomini e donne che si preparano alla pensione, che vogliono conciliare vita professionale e familiare ed approfittare delle possibilità di istruzione e formazione per migliorare le loro competenze e le loro carriere” ; ed il decreto legislativo n. 61 del 2000, emanato in attuazione alla suddetta Direttiva, che non consente la trasformazione unilaterale del rapporto su decisione del solo datore di lavoro (art. 5 D.lgs. n. 61/20009) . Ad avviso dello Scrivente, dunque, alla luce delle disposizioni legislative richiamate, è necessario evitare trasformazioni unilaterali dei rapporti in corso, senza il preventivo consenso degli interessati. Questo Comitato, pertanto, invita l’Amministrazione a dare indicazioni in tal senso alle diverse strutture territoriali, chiarendo che le disposizioni contenute nella menzionata nota n. 62796/2011, debbono essere riferite ai soli rapporti futuri e non anche al pregresso. Per quel che concerne i rapporti in essere, infatti, una valutazione su base presuntiva, oltre a contrastare con gli obiettivi perseguiti dalla citata direttiva europea, non sembra trovare giustificazione neppure sotto il profilo organizzativo, atteso che si tratta di situazioni già organicamente inserite nella Struttura, che coinvolgono un numero di dipendenti inferiore al 10% del personale complessivo e che, in ogni caso, l’Agenzia ha facoltà di procedere ad assunzioni a tempo determinato per far fronte ad eventuali esigenze di tipo lavorativo.
Infine, nel sottolineare ancora una volta la composizione del personale attualmente in part time sotto il profilo del genere, questo Comitato rileva, altresì, nell’ottica delle pari opportunità, la necessità di salvaguardare le legittime esigenze delle lavoratrici, evitando che eventuali rifiuti, in taluni casi possano comportare scelte irreversibili quali la rinuncia all’impiego.

                                                                                         F.to Il Comitato Nazionale Pari Opportunità


 
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