Francobolli, convegno.
E ministri.
Dieci anni di agenzie fiscali.
…però…
La destra al governo non ha mai creduto (e non crede tuttora) alla visione che stava dietro la riforma dell’amministrazione e del rapporto di lavoro negli anni ’90 (che della nascita delle agenzie è il presupposto): la netta distinzione di ruoli tra funzione di direzione politica e alta amministrazione.
Non comprende il senso dei meccanismi che furono i cardini di quel grande cambiamento di “delegificazione” (che parolona) e contrattualizzazione, restando del tutto estranea ai presupposti culturali, giuridici, operativi di una delle poche riforme serie dello Stato (attuate e non declamate con la benda in faccia): estranea al passaggio dalla procedura alla responsabilità, dalla regolamentazione esterna all’autorganizzazione; estranea al passaggio, in sostanza, delle amministrazioni da ‘terminale operativo dello Stato a erogatore e garante dei diritti sociali’, come si disse.
Quel passaggio (rimasto a metà) è cosa semplicemente non sua: non ha partecipato a quella discussione, a quella rivoluzione incompiutissima: quella l’hanno fatta i Cassese, i Bassanini, gli Amato, i Ciampi; e l’hanno fatta i (vituperati) sindacati Confederali, perché un cardine del cambiamento fu il passaggio dal principio della “riserva di legge” (anche solo per stabilire che per erogare quel servizio andava aperto uno sportello in più) alla responsabilità organizzativa della dirigenza e alla contrattazione (e quindi coinvolgimento dei sindacati rappresentativi,dei lavoratori) di (e sul) posto di lavoro .
E fu proprio nel -sempre vituperato ‘pubblico’ che il sindacato Confederale misurò il suo grado di rappresentatività con le prime elezioni dirette, senza rete..le RSU.
Partecipazione, responsabilità, misurazione del consenso e coinvolgimento dei Sindacati nella discussione sui mezzi per raggiungere gli obbiettivi, distinzione dei ruoli tra politica e amministrazione…non il migliore dei mondi possibili, certo, ma sicuramente uno schema i gioco migliore di quello che ci viene proposto attualmente.
La partecipazione sindacale fu importante in quella vicenda, fu il presupposto perché il cambiamento non fosse solo calato dall’alto, ma fosse vissuto con un certo grado di consapevolezza.
Quella riforma incompiutissima e osteggiata ha tuttavia silenziosamente cambiato il modo di fruire il servizio pubblico di milioni di cittadini, senza spot e senza insulti elargiti a Porta a Porta; ha indicato tante strade ancora non percorse (e solo un ceto politico-parlo dei ‘buoni’, del centrosinistra- sostanzialmente inconsapevole di tutto ha potuto farsi mettere in buca dal ministro della Funzione Pubblica riconoscendogli un qualche ruolo da ‘modernizzatore’ del sistema dei pubblici servizi, ignorando invece il ruolo reale, complesso e serio giocato su questo argomento dalla propria parte politica negli anni ’90; purtroppo a volte l’ansia di legittimazione – e di riconoscimento-prevale sulla fatica di comprendere).
Una riforma radicale ma incompiuta, quella del servizio pubblico e dell’organizzazione dei servizi avviata due decenni fa (il primo atto, una legge del ’91 sugli enti locali), così come incompiuta e persa per strada è l’Italia che si intravide nei primissimi anni ’90: l’Italia che provava finalmente a muovere qualche passo senza il peso di una politica – e di politici – omnipervasiva e priva di valori.
Il ruolo effettivo della destra di governo, quando nell’ultimo decennio si è trovata nella stanza dei bottoni è stato quello di osteggiare ciò che non capiva, bloccare quello che temeva o a cui era ideologicamente ostile, oppure, semplicemente, insabbiare.
Mai, al di là delle amenità, in questo decennio si è definito e proposto un progetto per rendere più efficiente il servizio pubblico (che significa, in lingua italiana:
servizi gratuiti e di qualità per tutti i cittadini)
si è certo operato fattivamente per vanificare,per mancanza di ‘vision’,come usa dire, e di cultura del servizio pubblico – e conseguentemente – di risorse- un modello operativo e culturale definito negli anni ’90.
Sulle rovine del servizio “pubblico ma privatizzato”definito negli anni ’90 non si è costruito alcunché, solo chiacchiere e distintivo, e demagogia da Porta a Porta.
La cosa non stupisce: per voler migliorare una cosa ci si deve credere, un pochino ci si deve identificare e un po’, almeno , la si deve amare.
Se invece si intende distruggere per odio ideologico, beh, è difficile costruire qualcosa di buono.
Bologna, 7 aprile 2011
FP CGIL – Emilia Romagna
Coord. Reg.le Agenzia delle Entrate
Antonio Cerreto