Comunicato Stampa Fp Cgil Medici
Roma,
25 marzo 2016
La proposta di abolire la libera professione nel Servizio
sanitario nazionale portata avanti da Enrico Rossi, presidente della
Regione Toscana e candidato alla guida del Pd, “rischia di sviare
l’attenzione dall’obbiettivo fondamentale per garantire la tutela della
salute: il diritto all’accesso alle cure su tutto il territorio
nazionale. E le priorità sono un rinnovato governo nazionale della
sanità per superare le diseguaglianze regionali, ed in primo luogo
l’abolizione delle liste di attesa e dei ticket”. Ad affermarlo è il
segretario nazionale della Fp Cgil Medici, Massimo Cozza.
Per
raggiungere questo risultato, osserva il dirigente sindacale, “c’è
bisogno di mettere la parola fine alla stagione dei tagli e di portare
avanti una politica di investimenti nel servizio pubblico, che riporti
il nostro paese al livello europeo dei finanziamenti rispetto al Pil. Se
un cittadino deve aspettare 6 mesi per una visita ortopedica, e il
servizio pubblico ha solo 4 medici invece dei 7 necessari, il primo
passo dovrebbe essere l’assunzione dei 3 ortopedici mancanti per
garantire le prestazioni essenziali ai cittadini. Poi intervenire
sull’appropriatezza dei percorsi di accesso e dell’organizzazione.
Quindi eliminare il ticket, che oggi può arrivare a cifre tali da
rendere più conveniente rivolgersi direttamente al privato. In questo
quadro – precisa Cozza – andrebbe valorizzato chi lavora solo per il
servizio pubblico, con una rivalutazione della esclusività, con
contratti rinnovati e con la possibilità di premiare il merito”.
Secondo
il segretario nazionale della Funzione Pubblica Cgil Medici “abolire
invece la libera professione oggi, in una situazione di tagli e di
carenza di personale (dal 2009 al 2014 sono 5 mila i medici in meno), di
blocco del contratto da oltre 6 anni, di congelamento della indennità
di esclusività da oltre 15 anni e perfino della retribuzione accessoria
con la quale si dovrebbe premiare il merito, rischia di essere un
boomerang per il servizio pubblico”. Ritornando ai 4 ortopedici, spiega
ancora Cozza, “impedirne a 2 di fare la libera professione intramoenia
senza assumere i 3 mancanti, non cambierebbe infatti la lista di attesa e
il cittadino non avrebbe più la possibilità di avere prestazioni anche
se a pagamento, ma con tariffe e modalità che dovrebbero essere
regolamentate all’interno del servizio pubblico. Il beneficiario, nei
fatti, sarebbe il pilastro del privato al quale in troppi stanno
contribuendo”.
La Fp Cgil Medici, con la Fp Cgil e la Cgil,
aggiunge il dirigente sindacale, “è stata tra gli attori principali
dell’accordo politico – contrattuale con il Ministro della Salute Bindi,
con il quale si è messa la parola fine al doppio canale tempo pieno e
tempo definito, e che avrebbe dovuto riportare all’interno del solo
servizio pubblico l’attività dei medici con l’istituzione della
indennità di esclusività con fondi extracontrattuali, e con la
possibilità della libera professione intramoenia regolamentata e
trasparente”.
Oggi il quadro vede invece, secondo una
elaborazione della Fp Cgil Medici condotta sui dati del Conto annuale
del Tesoro, “una crescita allarmante di medici pubblici in extramoenia,
nel silenzio della politica, con una crescita dal 2009 al 2014 di 1.707
unità (da 5.392 a 7.099) e con il dato più preoccupante di ben 37%
direttori di struttura complessa in più (da 246 a 390). In altre parole,
chi dirige i reparti ospedalieri e li dovrebbe organizzare, lavora
sempre di più anche nel privato, in modo non regolamentato e
concorrenziale allo stesso pubblico”.
La normativa vigente, la
legge 138 del 2004, successiva alla Legge Bindi (229/1999), consente, fa
sapere Cozza, “al medico pubblico di poter optare ogni anno tra
esclusività di rapporto (con facoltà dell’intramoenia) e l’extramoenia.
Inoltre la Legge 189 del 2012 ha, di fatto, istituzionalizzato la
possibilità di svolgere l’attività intramoenia negli studi privati,
seppure in rete con controlli telematici. Si tratta di cambiamenti, da
noi con coerenza non condivisi, che, insieme con le politiche dei tagli e
il congelamento della indennità di esclusività, stanno di fatto
cambiando lo spirito originario con il quale avevamo condiviso con la ex
ministra Bindi l’introduzione della libera professione intramoenia”.
“Il
nostro sindacato in questi anni non si è limitato a lanciare l’allarme
su il progressivo impoverimento del servizio pubblico ma ha formulato
proposte e portato avanti iniziative, come la campagna “Salviamo la
Salute”, che la Conferenza delle Regioni e i diversi Governi hanno
volutamente ignorato. Per questo pensiamo che il presidente della
Regione Toscana, anziché promuovere slogan con soluzioni semplicistiche,
pericolose per lo stesso servizio pubblico senza centrare il problema,
si dovrebbe impegnare con i cittadini perché in tutto il paese sia
garantito l’accesso alle prestazioni. Su questo punto lo invitiamo ad un
aperto e franco confronto, compresa a possibilità di abolire la stessa
libera professione”, conclude Cozza.